COPPELLE USATE COME SEGNAVIA?
di Luca Webber
E' oramai un dato di fatto che su tutto l'arco alpino, soprattutto nelle valli più isolate, abitavano popolazioni fin dalla Preistoria, divise da confini territoriali assai disagevoli e che praticavano le medesime credenze arcaiche. Popoli che attraversavano territori in quota, senza interruzione dal Neolitico fino al I millennio, hanno lasciato tracce del loro passaggio. Segni che oggi ritroviamo, da 600 m circa per arrivare fino a 2500 m di altitudine, senza comprenderne il significato.
Le numerose incisioni rupestri rinvenute sulle rocce di questi monti, soprattutto “coppelle”, esprimono in modo chiaro e inequivocabile la loro religiosità. La vicinanza al cielo “donde si libera in modo improvviso e violento il tuono” ha stimolato di certo gli uomini a renderlo sacro e dimora degli Dei. Probabilmente si rivolgevano alle divinità celesti per i loro bisogni quotidiani, praticavano credenze con funzioni apotropaiche e protettive, rituali e religiose rivolte al sole/luna con riferimenti alla fecondità.
Ma a voler cercare un senso più pratico possiamo ipotizzare che gran parte delle incisioni si trovano lungo antiche vie di caccia/transumanza delle greggi. Usate quali “segnavia” a voler indicare ubicazioni di corsi d'acqua o ripari, insomma la prima mappa escursionistica del provetto neolitico.
Bando agli scherzi, indubbiamente sulle incisioni rupestri vi è ancora molto da scoprire ma le nostre ultime scoperte mi convincono sempre più dell'esistenza di incisioni ad indicare tracciati d'alta quota. Le pietre non erano solo adorate ma utilizzate per la loro grandezza, forma o colore.
Immaginiamo di trovarci su una cresta di montagna. Dal punto più alto vediamo in basso nella vallata un grande masso circondato d'acqua, poi una collinetta con un tumulo e all'orizzonte un passaggio obbligato. Tutto illuminato da fuochi a illuminare la via per il viandante.
Forse tutto questo esiste ancora, sta solo a noi scoprirlo.