GITA IN LOC. SPINAZZI DI PELLIZZANO
di Giordana Bonfanti
Il sole scaldava in modo insolito l’aria, che avrebbe dovuto essere fresca e cristallina. Le sterpaglie strepitavano sotto i passi della comitiva che arrancava a fatica tra i rovi e impervie salite.
La
meta era appena al di sopra di noi, ma sembrava quasi che il bosco
osteggiasse il nostro procede e non volesse che il suo segreto
venisse violato. Dopo aver girato un pezzo alla ricerca di un
sentiero nascosto e divorato dalle erbacce ci siamo avventurati in un
fitto boschetto grosse spine erano celate nei tronchi su cui
incautamente potevamo mettere le mani…
Questo
non è l’incipit di un
romanzo d’avventura, ma l’inizio di quella che doveva essere una
tranquilla gita alla scoperta dei massi coppellati che si trovano
vicino a Pellizzano, in località Spinazzi.
E
la sensazione di andare incontro a qualcosa di meravigliosamente
misterioso ci è rimasta impressa anche quando il bosco è tornato ad
essere familiare con i suoi tronchi d’abete e i resti di muretti a
secco.
Sotto
una rupe che deve essere stata usata da pastori di diverse epoche, in
una zona panoramica affacciata sulla valle ecco il primo masso.
I
più esperti con il valido aiuto dei bambini hanno ripulito il
sasso.
“ Il
sasso coppellato era bello, ho imparato a pulirlo e con il gesso ho
cerchiato le coppelle. Certe sono delle croci”.
“Mi
ha sbalordiro sapere che quei buchi nella pietra li abbiano fatti
delle persone che hanno vissuto molto prima dell’epoca moderna. A
un certo punto mentre pulivamo le coppelle abbiamo trovato
una cosa meravigliosa, una croce speciale, essa indicava i 4 punti
cardinali ed era perfettamente precisa”.
Queste
le impressioni di due bambini. Ma il loro stupore penso possa
essere esteso a tutti noi.
Dopo
il “Sasso Spinazzi” l’avventura è proseguita. Il nuovo masso
chiamato “Sasso Stefano” si trovava ai piedi di una frana che
domina anch’esso la valle.
Lì
ci siamo fermati e con noi il tempo, non era più inverno, non era
più pomeriggio, tutto si è arrestato nell’immobilità di quelle
eterne pietre.
Il
tempo ci differenzia da quegli uomini che hanno speso le loro ore a
scavare quei sassi, non solo il tempo cronologico,quello che ci ha
portato a vivere in ere diverse, ma anche quello più esistenziale.
Il nostro a volte percepito così lungo, da dover “essere ammazzato
e il loro così fugace e spazzato via in un battito dell’eternità.
E
forse è proprio nel senso di quel tempo che si cela il segreto di
questi sassi.
Nel
breve spazio della loro vita dove la preoccupazione del mangiare e
del proteggersi era impellente, rubare delle ore per lasciare una
traccia di sé nella roccia doveva rispondere ad un bisogno ancora
più urgente e avere un senso molto prezioso, di cui non possiamo
coglierne la portata.
Il
ritorno alla realtà è stato lento e mutevole. E’ cambiato il
nostro modo di vedere la vita, il cielo, che forse ora non è così
lontano, perché qualcuno ha voluto ricamare sulla roccia una
trapunta di stelle.