POVO, FRAZ. OLTRECASTELLO
di Luca Webber
Oggi siamo a Povo, nel
territorio di Oltrecastello, in compagnia di Mara, Diego e Simone che
ci accompagneranno a scoprire le bellezze che si nascondono sul monte
Celva.
Ci inoltriamo nel fitto
bosco per un sentiero che viaggia parallelo e a strapiombo
sull'orrido del fiume Fersina. Nell'intrico di sentieri e rami
raggiungiamo una gola che precipita verso valle, il “covelo” si
trova lì sotto.
Di primo acchito
l'impresa sembra azzardata ma Diego ci fa notare una corda di
sicurezza collocata da un gruppo di climbers che vengono ad allenarsi
su queste pareti.
Detto ciò ci caliamo e
poco dopo raggiungiamo una piccola grotta che in passato può essere
servita da riparo all'uomo. Visitandola non troviamo tracce
significative di presenza dell'uomo in antichità a parte degli
insoliti segni sulla roccia. Linee forse non naturali che ci
riportano alla mente uno scorpione/granchio, una piccola luna, un
pesce e una piccola croce incisa con il metallo. Riflettendo, gli
elementi trovati potrebbero essere stati lasciati in antichità da
pastori/cacciatori a raccontare le prede pescate nel vicino torrente
Fersina. Ipotesi non del tutto da escludere visto che è dimostrato
che già in antichità si cacciavano e mangiavano granchi d’acqua
dolce.
Tornati sui nostri passi,
proseguiamo lungo strada più o meno larga di terreno battuto, che un
tempo serviva da comunicazione fra più luoghi. Arrivati su un
terrazzamento Mara ci fa notare che stiamo camminando sopra
un’iscrizione incisa nella pietra: “PREGATE PER TERESA CAS
TAGNETTI NATA MARCHI MORTA (IL)” – “OGI A ME- DIMANI A TE - 08
C.A.” Con tutta probabilità si tratta di un’incisione in
ricordo di un evento tragico avvenuto in quel luogo.
Infine abbandoniamo la
via, deviando lungo una traccia di sentiero fino a raggiungere una
parete verticale di roccia con un grande riparo. Esaminandolo
troviamo evidenti tracce di un focolare, lasciato presumibilmente di
recente. Osservando meglio lo
strato
superficiale del terreno
troviamo un vecchio chiodo in ferro battuto con testa irregolare.
Di certo non possiamo
escludere a priori la possibilità che entrambi i ripari sotto roccia
possano essere stati interessati dalla presenza dell'uomo in
antichità. Magari un giorno si scoprirà che non si tratta di
fantasie. Di certo è affascinante immaginare nel periodo estivo, i
ripari abitati da gruppi di cacciatori-raccoglitori nomadi. Impegnati
nelle loro battute di caccia e di pesca, abbattevano e pescavano
animali. Trasportati all’interno dei coveli la pelle veniva
lavorata e conciata, la carne affumicata ed essiccata per essere
successivamente trasportata nei ripari invernali di fondovalle.