CHIUSA "I KRAMPUS E LA DISCESA NEL BUIO"
di Francesca Iachelini
“Poiché la maschera disvela occultando e occulta mostrando, essa tocca le radici dell'umano e della vita stessa” Ralf Beil
Immaginiamo di passeggiare nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, la notte dei Krampus, in un piccolo, medio o grande borgo dell’Alto Adige. Siamo nel 2016… siamo nel 1904… siamo nel 1626… siamo agli albori della conquista delle Alpi da parte del cristianesimo… o siamo molto tempo prima. Poco importa. Viaggiamo... Il rumore arriva per primo, quello dei grandi campanacci legati in vita. Un grande frastuono che annuncia il prepotente arrivo dei Krampus, aumentando la suspance in chi generazione dopo generazione partecipa a questo rito comunitario. Le maschere di legno (di larice o cirmolo), le maleodoranti pellicce, il passo selvaggio, le grandi corna… nascondono in essi ogni traccia di umanità. Quelli che ci appaiono alla vista sono degli esseri animali, demoniaci che la nostra mente accosta subito a ciò che non è conosciuto. Ciò che celano davvero è il grande mistero della loro origine che con il diavolo e la religione cristiana ha poco a vedere. Per una notte ci troviamo legati a loro in un incantesimo di terrore e fascino. Ci troviamo in mezzo a un terribile carnevale, dove il caos prende il sopravvento e i ruoli sociali per qualche ora sembrano essere dimenticati. C’è una profonda eco di vita selvaggia in questo rituale collettivo che coinvolge tutti i nostri bambini interiori in una sana sfida alle proprie ombre.
Attraverso le corse forsennate, i salti per evitare le frustate, i dispetti...la paura e il desiderio di passare inosservati che ci fanno chinare lo sguardo di fronte ai signori della notte. I krampus spaventano ed eccitano nello stesso tempo, ricchi di una carica vitale e selvaggia che parla agli intestini delle nostre membra. Il frastuono dei grandi campanacci richiama l’attenzione e fa strada a questi spiriti animali profondamente vitali. Saltano, scuotono i campanacci e percuotono con fruste e rami i malcapitati nel ruolo di giudici di un’altra conoscenza. Ed è proprio attraverso questo gran fracasso che i Krampus, il Salvanel, lo spirito o l’uomo che viene dal bosco, l’antico Dio Fauno (la cui ricorrenza nell’antica Grecia era proprio il 5 dicembre), i Klocklen (uomini coperti di paglia presenti nelle tradizioni dell’Alto Adige nei mesi di febbraiomarzo) scuotono la terra dormiente, eco delle cerimonie legate alla fertilità e al ciclo vegetativo stagionale. Molte sono le figure simili che si ritrovano in tutta Europa a dimostranza dell’estrema importanza di queste tradizioni, sopravvissute nei millenni, a volte però difficili da leggere nel loro significato autentico a causa delle contaminazioni e sovrascritture che hanno subito nel passaggio del tempo, ma che ne hanno permesso comunque la sopravvivenza.
Come rito di passaggio all’età
adulta, sono i ragazzi diciottenni, nel pieno della loro forza
vitale, ad essere chiamati a impersonificare questi spiriti. In
questo acquisisce un ruolo importante la maschera, regina del
carnevale ma non solo, che accompagna la maggior parte delle
tradizioni folkloristiche legate al periodo invernale, ovvero dal
capodanno celtico di Ognissanti fino alla fioritura di Calendimaggio.
Come potente strumento rituale viene infatti utilizzata da tutte le
popolazioni fin dall’età del ferro per immedesimarsi nelle entità
invisibili ed è sopravvissuta fino ai giorni nostri nonostante la
pratica dell’utilizzo delle maschere sia stata osteggiata dalla
Chiesa imponendo nel 1672 il divieto di utilizzo di maschere
sataniche e una tassa specifica che permase fino alla Rivoluzione
Francese. In questo scenario appare timida la figura di S. Nicolò
con gli angeli, accostatasi ai Krampus solo dopo il 1600, forse in
sostituzione ad un’altra figura portatrice di luce, legata alla
speranza nei giorni più corti dell’anno della rinascita del sole,
in un tentativo da parte della controriforma di limitare e dare un
senso cattolico a questi spettacoli demoniaci. Oggi la
contrapposizione tra i Krampus e S. Nicolò ci appare come la lotta
fra il buio e la luce, tra il male e il bene nell’attesa che la
luce riprenda il sopravvento sull’oscurità. Questa dualità
potrebbe però rappresentare una sovrascrittura moderna; per le
antiche popolazioni infatti nel ciclo stagionale il buio
rappresentava un passaggio necessario come la morte per la rinascita
della vita. Il grande interrogativo è quanto la tradizione dei
Krampus si sia modificata nel passaggio dei secoli, quanti
significati possa aver perso, quanti altri ne possa aver aggiunto e
quanto le nostre menti e la nostra cultura ci permetta di avvicinarci
alla comprensione di un mondo che, forse, non ci appartiene più in
modo istintivo.
L’analisi della radice e dell’origine
dei nomi può essere un modo particolarmente interessante per
ricercare un significato il più possibile arcaico. Nella radice dei
nomi si trovano delle assomiglianze tra Krampus e S.Claus. Il primo
infatti nell’antico tedesco è riconducibile al verbo krampen,
ovvero graffiare ed in inglese claws indica artigli, to claw
graffiare. Entrambe figure legate al perido solstiziale e al portare
doni (come viene rappresentato anche in alcune antiche raffigurazioni
dei Krampus). La parola Krampus inoltre può essere legata ad una
inversione di consonanti che richiamano la parola Kaprum, presente in
varie forme in molti antichi dialetti italici. Il collegamento con la
figura della capra, abbastanza logico se prendiamo in considerazione
l’aspetto del krampus, rievoca gli studi di Gerda Weiler dove la
Grande Madre assumeva le sembianze dello stambecco e del capro delle
montagne. Nel greco antico invece il termine “kapros” è legato
al cinghiale anch’esso animale sacro che come la scrofa e molti
altri animali importanti e carichi di simbologie, sono stati
demonizzati nel corso dei secoli in modo da acquisire ai giorni
nostri una valenza fortemente negativa e di ingiuria, sotto la quale
si nasconde invece la grande venerazione che avevano verso di essi i
nostri antenati. Per comprendere la figura dei Krampus è
indispensabile vederla in relazione con il solstizio d’inverno alle
porte, la notte più lunga di tutto l’anno prima di riniziare la
risalita dell’astro solare. La Befana e la Berchta nel significato
stesso del loro nome racchiudono il collegamento con il Sole: la
Splendente, la Luminosa, la Raggiante; esse portano la luce della
speranza della rinascita, ancora lontana ma che inizia ad
intravedersi, simboleggiata dalle giornate che via via inizieranno ad
allungarsi. Rimaniamo però ora nel presente e lasciamoci trascinare
dai Krampus nella profonda oscurità di questa stagione.