PEIO –
L'ANTICA VIA DELLA VAL MONTOZZO
di Franca Emanuelli
In una frizzante mattina
di fine settembre dal cielo terso, c’incamminiamo verso la Val
Montozzo, a destra del lago di Pian Palù, per studiare il percorso
mesolitico d’alta quota che collegava la Val Camonica con la Val di
Pejo. La via è stata riconosciuta da più ricercatori in
seguito ai numerosi rinvenimenti archeologici e massi coppellati,
supposizione che avvalora l’importanza avuta in epoca antica dalla
Valletta.
Il sentiero, giunti al
lago, prosegue fra il verde: la superficie dell’acqua è un gioco
di riflessi dei monti circostanti. Ad un certo punto la via
s’inerpica salendo a zig-zag, mostrando magnifici panorami. Lungo
un crinale degli stambecchi si stagliano contro il blu del cielo. La
valle ora si apre in un paesaggio quasi morbido, non v’è più
vegetazione ed un torrente, serpeggiando, attraversa il fondo della
valle. Il silenzio è rotto solo dal rumoroso scorrere delle sue
acque e dal campanaccio di qualche mucca che bruca intorno ad un
riparo. Una marmotta ci avvista e lancia un fischio che squarcia
l’aria. A 2.425 metri, a destra del sentiero, Giuliano nota una
singola coppella fra i ruderi di vecchie costruzioni in pietra, forse
un cardine per porta… Malga, riparo, abitazione? Eseguiamo i
rilievi di rito e perlustriamo la zona. Alcuni scavi fatti dalle
amiche marmotte per le loro tane ci regalano dei resti di carbone.
Molti. Troppi. Formano un’intera collinetta, scopriamo grazie al
loro scavare. Sondaggi naturali. Un altro punto su cui indagare.
Giorni
dopo, parlando con una persona di Pejo, questa ci spiega che
anticamente in tutta la valle c’erano molti carbonai, anche ad alta
quota., tant'è che attorno a questi uomini sono nate varie
leggende
e racconti. Nella ricerca di ulteriori informazioni abbiamo
contattato il Direttore del Distretto Forestale di Malè Fabio
Angeli, con cui condividiamo informazioni e scoperte, che in questo
caso ci ha battuto sul tempo! Incuriosito, ha esaminato il carbone
trovato sulla collina utilizzando la dendrocronologia ed il risultato
più evidente è che il carbone non può essere stato fatto prima del
1839. A quei tempi il territorio era proprietà di Ponte di Legno,
probabilmente si trattava di carbonai lombardi. Questo spiega la
presenza della collinetta, rimasta quale muta testimonianza del duro
lavoro che si svolgeva in montagna fino al ’900 circa.
Proseguiamo il nostro
cammino arrivando alla Forcellina di Montozzo a 2.613 mt. Incontriamo
qui anche i primi esseri umani della giornata. Qualcuno è salito da
Pejo, i più dalla Via Camuna. Sul passo resti di trincee, monumenti
della guerra ed un panorama mozzafiato. Ci fermiamo a gustarcelo ed a
cercare di capire, dai pochi indizi cartacei della ricerca svolta da
Ausilio Priuli (1) , dove possano essere i massi coppellati che
cerchiamo. Ciò implica di scendere fino quasi al rifugio A. Bozzi al
Montozzo a 2.478 mt., su di un pianoro leggermente sovrastante. Ed
eccole, a 2.522 mt., 3 coppelle molto consunte su 2 massi. Purtroppo
il luogo è stato teatro della grande guerra, le trincee sono ancora
visitabili, quindi sicuramente il luogo è stato “compromesso”.
Luca ed io chiediamo informazioni al personale del rifugio. Ci
rispondono che “In zona non esiste assolutamente nulla
d’archeologico ma solo la guerra”, nonostante foto e
descrizione che abbiamo mostrato loro. Ma il nostro “cercatore”
Giuliano, che ci attendeva fuori dal rifugio, scopre nei pressi del
Laghetto di Montozzo, a 2.477 mt., una coppella di dimensioni
notevoli! Ok, non sarà Otzi, ma pur sempre di una scoperta
archeologica si tratta! Bene. Ora, soddisfatti ritorniamo alla
Forcellina. La salita da questo versante è faticosa ed il caldo
anomalo di questa giornata non aiuta. Camminiamo in silenzio, ognuno
perso nei propri pensieri, nel proprio vedere, nel proprio sentire.
Gli stambecchi sono sempre lì, attaccati alla roccia come ventose ed
un vitellino nato da pochissimo ci osserva
curioso. La strada del rientro, come spesso accade quando si
va in montagna, sembra più lunga dell’andata, le ombre calano
lentamente ed i bramiti dei cervi in amore echeggiano nella valle.
Anche le frequenti soste per gustarci i lamponi succulenti che
crescono a lato del sentiero, ci fanno tardare il rientro.
La nostra “prova” è
giunta al termine e direi promossa a pieni voti. Il tragitto è
praticabile dalla Valletta fino alla Valle di Viso senza grosse
difficoltà. Anzi come dice sempre un nostro associato, “quasi
con le mani in tasca”!