PARCINES, SENTIERO DELLE LEGGENDE
di Francesca Iachelini
Oggi ci lasciamo guidare da due cacciatori dell’età della pietra, sulle loro tracce varchiamo la soglia che ci conduce in un luogo dolce e selvaggio allo stesso tempo. Uno spazio dove il tempo, l’uomo e la natura si incontrano, riuscendo a narrare, solo a chi sa ascoltare con tutti i sensi, storie antiche, attraverso la persistenza della pietra e l’antica eredità delle molteplici leggende locali. “Die Sagenweg”, il sentiero delle leggende, circuito ad anello che unisce l’archeologia alle cinquantuno leggende presenti in questo suggestivo fazzoletto di terra a pochi chilometri da Merano, sopra l’abitato di Parcines.
Percorriamo inizialmente un pezzetto della via delle Rogge di Parcines che si dilunga, seguendo gli antichi canali d’irrigazione, in modo pianeggiante, sul fianco della montagna. Qui ci lasciamo cullare dal gorgogliare dell’acqua, estremamente pacifico e rilassante come vivace e dinamico in altri tratti, che guida i nostri pensieri e le nostre emozioni.
Incontriamo già i primi massi coppellati: “Schalenstein” caratterizzato da otto coppelle scavate nella roccia (in parte danneggiate) di diverse dimensioni. Le coppelle sono incisioni misteriose la cui causa è persa nella storia: collegate ad antichi culti della fertilità? Utilizzate per studi astrologici? Gli interrogativi e le ipotesi possono essere molte, la cosa certa è che indicano in modo inequivocabile una presenza umana.
Sulla nostra destra sopra il sentiero vediamo quello che probabilmente è un antico riparo sotto roccia “Schwolbnkofl”, frequentato in questo momento da un gruppo di capre che decidiamo di non disturbare.
A malincuore siamo costretti a salutare l’acqua che scorre nei canali, continuando sul sentiero delle leggende che ci porta verso nord, alzandoci leggermente di quota. Nel giro di pochi minuti, abbiamo il piacere di osservare dei resti di antiche mura, una lastra di pietra con due croci “Schalenstein”, e spostandoci leggermente dal sentiero verso sinistra una pietra con una misteriosa incisione, troppo rovinata dal tempo per poterla “decifrare” con certezza, forse caratterizzata da alcune coppelle collegate tra loro a canaletta. Più avanti sulla destra si può notare un recinto per il bestiame.
Continuando a salire
giungiamo ad un riparo sotto roccia con camino aperto abitato
inizialmente dal ca. 3.000 – 500 a.C. ma probabilmente frequentato
dai pastori come riparo fino a tempi non troppo lontani. Il rifugio
ci accoglie al suo interno in modo confortevole facendoci immaginare
tempi molto lontani dalle nostre abitazioni moderne, dove riuscire a
trovare risposta ai bisogni primari era la prerogativa principale.
Nel tempo il luogo è entrato nel patrimonio delle narrazioni
popolari come “Stuaner- Geada-Hütt”. Si racconta infatti che
fosse abitata da una donna di nome Stuaner Geada (Gertraud von
Steinerhof) una strega molto cattiva, ancora molto presente nei
racconti degli abitanti di Parcines. Si narra che una volta fece
scoppiare un temibile temporale che distrusse quasi l’intero paese
e la Chiesa di S. Elena a Tel, mentre un sole splendente inondava il
vicino Greiterhof. La strega si nutriva di vermi, topi e ratti che
era solita richiamare con formule magiche. Inoltre conosceva i nomi
segreti di tutte le specie animali. Nelle giornate di sole, sedeva in
compagnia del diavolo su un grande masso, noto come il “Geada
Zopfnstuan”, posto sopra la grotta dove filava enormi gomitoli di
lana di pecora. Questa immagine di donna filatrice ci riporta
all’antico ruolo della donna come tessitrice del tempo, grazie al
legame tra il ciclo mestruale e il ciclo lunare secondo la legge
ermetica di corrispondenza tra il microcosmo e il macrocosmo (“come
in cielo così in terra”). All’arte del calcolo del calendario,
sapere sacro presso gli antichi, si affiancava inoltre quella di
esplorare il tempo riuscendo a vedere nel passato o nel futuro. Sulla
sommità del masso si possono scorgere undici coppelle, le impronte
del sedile della strega, le tracce della ruota dell’arcolaio e
l’impronta incisa nella pietra della mano del diavolo.
Sotto la grotta è
situato il “Hexenplatz”, luogo leggendario di ritrovo delle
streghe. Nelle vicinanze del riparo sono riconoscibili alcuni resti
di un’antica muraglia.
Continuando il nostro
itinerario, giungiamo alla lastra del diavolo “Teufelsplatte”
dove si possono vedere due impronte di piede di donna e sei paia di
zoccoli di capra. Nelle immediate vicinanze si trova lo “Steinsitz”,
una piccola panchina di pietra e un grande masso che si affaccia
sulla vallata sottostante, caratterizzato da cinque coppelle
posizionate su una immaginaria linea retta. Questo luogo è la sede
di un’altra leggenda che racconta di una giovane ragazza della Val
Senales portata qui dal diavolo per pettinarle i suoi lunghi capelli
biondi.
Riprendiamo il sentiero,
sul quale è situata un’altra antica panchina di pietra con delle
incisioni, nota come “Rasterle Stein”, che nella sua posizione
dominante sulla via ci invita a sederci e fare una pausa.
Lasciando il sentiero nel
bosco e dirigendoci verso destra sulla strada asfaltata incontriamo
dopo pochissimi metri il masso “Schalenstein” caratterizzato da
41 coppelle e due croci. In questo luogo si possono inoltre osservare
i resti scomposti delle mura ciclopiche lunghe 120 metri che
testimoniano la presenza di una fortezza neolitica datata 3.000 –
500 a. C. .
A poca distanza, in
prossimità del tornante, si trova il maestoso masso noto come
“Golderskofel” caratterizzato da molte coppelle e croci. In
questo luogo di osservazione ci lasciamo affascinare dal paesaggio
che si apre in tutta la sua bellezza alla nostra vista, immaginando
quali estensioni boschive, montagne incontaminate e profondi cieli
stellati potesse scorgere un nostro antenato nel neolitico; cercando
di vedere con i suoi occhi per comprendere il suo ed il nostro mondo.
Dopo la ricerca del masso
coppellato nei pressi di Maso Ebner, decidiamo di trascorrere le
ultime ore di luce in un locale della zona dal quale possiamo
ammirare in lontananza la cascata di Parcines. Nella convivialità e
nella condivisione di un piatto caldo piano piano ci prepariamo a
salutare questo mondo, che nella ricchezza della sua memoria ci ha
parlato con grande potenza evocatrice.