UNA GIORNATA A SARSINA (FC) - 18 aprile 2015

di Manuela Emanuelli

Venerdì 18 aprile 2015, si parte da S. Mauro Pascoli alla volta di Sarsina, piccolo comune dell’Appennino Romagnolo, famoso per San Vicinio ed il suo collare, nonché per la pagnotta pasquale.

Arriviamo in paese. Le indicazioni non sono molte, vero è che, scopriamo una volta parcheggiato,  tutto è raggruppato nei dintorni della piazza.

Il portone della Cattedrale è aperto, ma si è fatta una certa ora ed il museo archeologico chiude alle 13:30, pomeriggio chiuso.

Perciò è d’obbligo darsi una mossa e andare a visitarlo. Dalla piazza principale al museo sono si e no un centinaio di metri. Lungo la via ben 3 ristoranti ed un bar. Chiediamo informazioni in uno dei locali. Il gestore, ci indica il museo che è “uno dei maggiori in Europa in quanto a reperti romanici”. Ma figuriamoci, pensiamo noi, una spacconeria da imbonitore locale!

Arriviamo al museo, dove due impiegate staccano i biglietti e ci danno l’indicazione del percorso da seguire. Man mano che ci addentriamo nel museo, ci rendiamo conto che forse il ristoratore non aveva poi esagerato: i reperti sono interessanti, con spiegazioni dettagliate e complete.

Cippo di confine con incise le lettere TP.

"Terminus Positus", si attribuisce al cippo la funzione di segnacolo per la delimitazione di confini fra terreni di diversa proprietà, sia privata che pubblica

 

 

"Trionfo di Dionisio" del III sec.d.C:

Al centro Dionisio su un carro trainato da tigri, governato da Pan e da un Satiro. Attorno animali esotici e quattro teste di Venti. Nei sei quadretti laterali: Pan, Sileno Menadi e Satiri.

Ma il fiato ci viene a mancare per la sorpresa quando entriamo in un locale alto almeno tre piani con una parete a vetrata mentre dal lato opposto è incastonato un enorme mosaico praticamente integro, che rappresenta divinità, satiri, fauni e scene di caccia!

Di fronte un monumento tombale ancora più grande, alto tutti e tre i piani del museo… vedere per credere. L’emozione non è descrivibile a parole. Possiamo solo immaginare cosa abbiano provato quelli che scavando trovarono la necropoli e tutti i reperti che oggi sono esposti a favore dei turisti.

Tutt’intorno pietre tombali, urne contenenti ancora le ossa dei morti e poi ancora mosaici, pietre con incisioni, date, simboli. Notiamo in particolare il simbolo T affiancato da una piccola P, che stava a significare “Terminus Positus ” e stava ad indicare i confini delle proprietà, e poi alcune urne di alabastro, ove erano conservate le ceneri di qualche signore del tempo. Nell’ultima sala al piano terra è presente anche un pozzo ricavato in un unico blocco di pietra.

Saliamo al piano superiore, dove sono esposte invece le minuterie recuperate negli scavi: ampolle di vetro per conservare i balsami, monete, spille, ciotole, e ancora armi, attrezzi vari. In un’altra ala del museo, sempre al secondo piano sono esposti i resti delle condutture dell’acqua ed alcune tegole e coppi. Poco oltre è stata ricostruita, basandosi sugli affreschi dell’epoca, una “domus”, completa di tavolo, sedie, letti, ecc. Il pavimento è decorato con un mosaico rappresentante Nettuno (Taras) con i delfini.

Alle pareti sono appesi altri pezzi di mosaico  e affreschi.

Un’altra ala è dedicata ai reperti risalenti ad epoche antecedenti, quindi resti di selce, pietre usate per intagliare il legno e forgiare frecce e lance, ed altro ancora.

All’ultimo piano sono esposte le testimonianze dei lavori di recupero e scavo dei vari reperti: disegni, calcoli, bozzetti e libro mastro con il costo della mano d’opera e dei materiali utilizzati.

(per visitare il sito:http://www.comune.sarsina.fo.it/museoarch/museo.htm)
 

 

"Urne cinerarie in alabastro"

seconda metà del I sec. a.C.

Usciamo dal museo, piacevolmente impressionati e affamati. Ci fermiamo a pranzo all’Antica Osteria, praticamente di fronte al museo. Il locale è a sua volta suggestivo, rimasto pressoché invariato, a detta del titolare, negli anni: 3 locali lunghi, stretti e piuttosto bui, con le panche incassate nei muri e tavolacci sicuramente datati, credenze antiche, alle pareti tanti specchi recuperati da vecchi como’, in sottofondo musica jazz e profumi appetitosi.

Sembriamo essere gli unici avventori, invece il tempo di ordinare un menù che fa venire l’acquolina in bocca ed i tavoli vengono velocemente occupati da, a quanto sembra abituali, altri clienti.

Il pranzo è stato ottimo, il vino pure. Partiamo per un giro alle marmitte dei giganti (http://www.comune.sarsina.fc.it/turismo/marmitte.htm), delle piccole cascatelle che si trovano nelle immediate vicinanze del paese, lungo il Rio Montalto. Seguendo le indicazioni del ristoratore arriviamo al sentiero che percorriamo in mezzo al bosco, in salita fino ad un rudere di casa contadina, dove una mappa ci spiega che abbiamo sbagliato e dobbiamo tornare sui nostri passi. Quindi giù fino ad una scala di una decina di scalini scavati direttamente nella roccia e poi avanti ancora un centinaio di metri, fino alle cascatelle ed alle “marmitte dei giganti”. Queste vasche scavate nei secoli dal movimento delle pietre fatte rotolare su loro stesse dal movimento dell’acqua, danno a quest’ultima un colore smeraldino intenso e la fanno giocare e correre sulle pareti in una corsa folle fra cascatelle e acrobatiche carambole verso il fondovalle.

Anche i fiori attirano la nostra attenzione: lungo il sentiero spiccano piccole orchidee selvatiche, fiori simili ad astri dal colore violaceo, biancospino in boccio ed una ormai rarissima pianta di pungitopo.

Torniamo sui nostri passi, attraversiamo la strada ed andiamo a visitare l’altra marmitta dei giganti, un po’ meno suggestiva della precedente, forse perché non in mezzo al bosco ma ai piedi delle abitazioni e di un enorme calanco che sembra doversi sbriciolare da un momento all’altro.

A questo punto ci dirigiamo verso la Chiesa.

Arriviamo alla piazza, ed entriamo a visitare la chiesa angolo per angolo. Casualmente riusciamo ad essere presenti alla cerimonia dell’imposizione del collare di S. Vicinio.

Il collare, composto da due semicerchi di metallo ormai arrugginito, viene posto al collo delle persone che lo richiedono, allo scopo di liberarsi dal male e dal Male, con significato taumaturgico ed esorcistico.

La leggenda narra che Vicinio lo portasse sempre al collo con delle pietre ad appesantirlo. All’interno della chiesa, nella cappella a lui dedicata, dove sono conservate le spoglie del Santo ed il Collare, sono rappresentati i miracoli a lui attribuiti, in vita e non.

La gita a Sarsina è conclusa, si risale in macchina e si ritorna a casa.