GITA
DELL’ASSOCIAZIONE ALLE INCISIONI RUPESTRI
DI
BRESSANONE – PINZAGO (BZ) - 16 novembre 2014
di Luca Webber |
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La
recente pubblicazione sul fenomeno della coppellazione
rupestre nella conca di Bressanone “Rocce Silenti” del
Circolo Arca Bressanone, ci ha stuzzicato a tal punto da
farci tornare alla ricerca dei filetti, quadrati e
coppelle che abbondano in zona.
Ritornare, perché nel febbraio del
2011, grazie agli scsritti di Fiorenzo De Gasperi,
avevamo già visitato il luogo alla ricerca delle
incisioni rupestri che fortunatamente trovavamo. (vedasi
l’articolo pubblicato sul nostro sito:
(//www.valdisoleantica.net/gite/gita_bressanone_2011.htm).
Questa volta ci siamo recati a Pinzago, trascorrendo la
giornata alla ricerca delle incisioni, seguendo le
indicazioni del libro, della cartellonistica “Il
sentiero delle coppelle” e, dotati di un po’ di intuito,
siamo riusciti a individuare le belle incisioni
praticate dall’uomo fin dai tempi più antichi.
Fornire spiegazioni sulle incisioni qui rinvenute
risulta impresa assai ardua per la complessità dei loro
significati . Certo è che il luogo è stato
abbondantemente frequentato fin dall’antichità e
considerato un luogo sacro dalla popolazione
stabilitasi, dove l’uomo vi ha inciso saperi antichi
caduti oramai nell’oblio.
Un
breve spiegazione, di sicuro non completa, sulla
presenza del simbolo del “filetto” è però
necessaria, nonché dovuta, per l’interessante simbolismo
che rappresenta. |
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La complessità dell’origine di
questo gioco/simbolo ha sempre interessato gli studiosi
di tutto il mondo. Numerose testimonianze indicano per
certa l’origine del gioco dall’oriente,
presumibilmente importato in Europa dai crociati. Benché
il simbolo venga spesso collocato in luoghi ritenuti
sacri, come nelle chiese, la stessa chiesa ha
condotto una lotta feroce contro i giochi, soprattutto
d’azzardo, ponendone il divieto in particolare ai
religiosi, accusati di trascurare gli interessi
ecclesiastici per dedicarsi a questo gioco.
Intorno al 1060 il Cardinale San Pier Damiani inviò a
Papa Alessandro II una lettera nella quale, insieme alla
passione dei dadi e della caccia, condannava anche
quella degli scacchi. Ma il santo si spinse ben oltre la
semplice condanna formale e arrivò al punto di
perseguitare i membri del clero che si dedicavano al
gioco, infliggendo loro severe punizioni (1).
La chiesa si scatenò
invano contro questa passione nel tentativo di
evitare che l’uomo del medioevo si affidasse alla
“fortuna” (2), perchè in questo modo avrebbero
concesso ad una Dea pagana la capacità di controllare
gli eventi. Gli scrittori cristiani la condannarono
decisamente come cieca dispensatrice di felicità
terrena, fino a considerarla uno strumento diabolico. Ma
la chiesa dovette accontentarsi di controllare e
limitare il gioco e, col passare del tempo, arrivò pure
a tollerarlo, tanto che nel Medioevo, periodo che va dal XIII al
XIV secolo, il gioco d’azzardo si diffuse in maniera
sconfinata.
E’ altresì noto che nel medioevo giunsero in Europa
innumerevoli influssi culturali: la scacchiera assunse
il simbolo della “Gerusalemme celeste”, ovvero la
città ideale circondata da una triplice fila di mura;
dall’Oriente il “mandala” riproduce il viaggio
che deve compiere la conoscenza
coscienza
per raggiungere il centro dell’Universo; il
“labirinto”, simbolo antico, corrispondente ai
viaggi iniziatici è polisemico, cioè portatore di più
significati (3). |
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rappresentazione
dell'Orsa Minore |
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Il “filetto”, diffuso in
gran parte del mondo, rinvenuto nei graffiti del Parco
Nazionale delle incisioni rupestri di Naquane in
Valcamonica, ritenuto medievale conferma la
continuazione storica della tradizione incisoria
antica(4); nelle incisioni rupestri di Plemo,
la figura geometrica reticolata è associata alla
“geometria sacra”, disciplina che nell’antichità veniva
impiegata nella progettazione del tempio, il cerchio è
simbolo del cielo, il quadrato della terra.(5)
Nell’area celto-gallica il filetto
inciso su di una tegola è stato datato tra il 100 a.C. e
il 40 d.C. ed è conservato al museo di
Nizza-lez-ensérune, nonché, il filetto più antico a noi
noto in Italia, fu scoperto nel corredo di una tomba
databile tra il 50 a.C. e il 50 d.C. nella necropoli
romana a Brindisi(6).
Questo dimostra che il simbolo
della triplice cinta era già ben conosciuto ed
utilizzato fin dai tempi antichi e, come spesso è
accaduto con altri simboli del passato, nel medioevo si
è tramutato e trasformato come schema di gioco.
Concludendo, il filetto svela una
doppia possibilità di lettura, da quella prettamente
ludica a una in chiave esoterica e simbolica
rappresentante un sentiero di salvezza eterna per tutti
dal valore magico.
Ciao. |
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(1) “Quella volta che San Pier Damiani tirò
gli orecchi al futuro Papa Gregorio VII”
di
Federico Bernardini;
(2)“Fortuna” Enciclopedia Italiana Treccani –
Enciclopedia dell’arte Medievale (1995) di F. Pomaricci;
(3)“Polisemico”
Enciclopedia Italiana Treccani;
(4)“Parco Nazionale delle incisioni rupestri di Naquane”
di Alberto Galbiati;
(5)“Le incisioni rupestri di Plemo” di
Gaudenzio Ragazzi;
(6)“Filetto: simbologia nascosta? Un gioco misterioso.
Luxuria ludi o
simbologia nascosta?” di Beatrice Emma Zamuner per Acam.it -
Università degli Studi di Firenze. |
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