Il sole scaldava in modo
insolito l’aria, che avrebbe
dovuto essere fresca e
cristallina. Le sterpaglie
strepitavano sotto i passi della
comitiva che arrancava a fatica
tra i rovi e impervie salite. La
meta era appena al di sopra di
noi, ma sembrava quasi che il
bosco osteggiasse il nostro
procede e non volesse che il suo
segreto venisse violato. Dopo
aver girato un pezzo alla
ricerca di un sentiero nascosto
e divorato dalle erbacce ci
siamo avventurati in un fitto
boschetto grosse spine erano
celate nei tronchi su cui
incautamente potevamo mettere le
mani…
Questo non
è l’incipit di un romanzo
d’avventura, ma l’inizio di
quella che doveva essere una
tranquilla gita alla scoperta
dei massi coppellati che si
trovano vicino a Pellizzano, in
località Spinazzi.
E la sensazione di andare
incontro a qualcosa di
meravigliosamente misterioso ci
è rimasta impressa anche quando
il bosco è tornato ad essere
familiare con i suoi tronchi
d’abete e i resti di muretti a
secco.
Sotto una rupe che deve essere
stata usata da pastori di
diverse epoche, in una zona
panoramica affacciata sulla
valle ecco il primo masso.
I più esperti con il valido
aiuto dei bambini hanno ripulito
il sasso.
“
Il sasso coppellato era
bello, ho imparato a pulirlo e
con il gesso ho cerchiato le
coppelle. Certe sono delle
croci”.
“Mi
ha sbalordiro sapere che quei
buchi nella pietra li abbiano
fatti delle persone che hanno
vissuto molto prima dell’epoca
moderna. A un certo punto mentre
pulivamo le coppelle abbiamo
trovato una cosa meravigliosa,
una croce speciale, essa
indicava i 4 punti cardinali ed
era perfettamente precisa”.
Queste le impressioni di due
bambini. Ma il loro
stupore penso possa essere
esteso a tutti noi.
Dopo il “Sasso Spinazzi”
l’avventura è proseguita. Il
nuovo masso chiamato “Sasso
Stefano” si trovava ai piedi di
una frana che domina anch’esso
la valle.
Lì ci siamo fermati e con noi il
tempo, non era più inverno, non
era più pomeriggio, tutto si è
arrestato nell’immobilità di
quelle eterne pietre.
Il tempo ci differenzia da
quegli uomini che hanno speso le
loro ore a scavare quei sassi,
non solo il tempo
cronologico,quello che ci ha
portato a vivere in ere diverse,
ma anche quello più
esistenziale. Il nostro a volte
percepito così lungo, da dover
“essere ammazzato e il loro così
fugace e spazzato via in un
battito dell’eternità.
E forse è proprio nel senso di
quel tempo che si cela il
segreto di questi sassi.
Nel breve spazio della loro vita
dove la preoccupazione del
mangiare e del proteggersi era
impellente, rubare delle ore per
lasciare una traccia di sé nella
roccia doveva rispondere ad un
bisogno ancora più urgente e
avere un senso molto prezioso,
di cui non possiamo coglierne la
portata.
Il ritorno alla realtà è stato
lento e mutevole. E’ cambiato il
nostro modo di vedere la vita,
il cielo, che forse ora non è
così lontano, perché qualcuno ha
voluto ricamare sulla roccia una
trapunta di stelle. |