GITA DELL'ASSOCIAZIONE IN LOC. SPINAZZI DI PELLIZZANO - 14 febbraio 2020

di Giordana Bonfanti

 

Il sole scaldava in modo insolito l’aria, che avrebbe dovuto essere fresca e cristallina. Le sterpaglie strepitavano sotto i passi della comitiva che arrancava a fatica tra i rovi e impervie salite. La meta era appena al di sopra di noi, ma sembrava quasi che il bosco osteggiasse il nostro procede e non volesse che il suo segreto venisse violato. Dopo aver girato un pezzo alla ricerca di un sentiero nascosto e divorato dalle erbacce ci siamo avventurati in un fitto boschetto grosse spine erano celate nei tronchi su cui incautamente potevamo mettere le mani…

Questo non è l’incipit di un romanzo d’avventura, ma l’inizio di quella che doveva essere una tranquilla gita alla scoperta dei massi coppellati che si trovano vicino a Pellizzano, in località Spinazzi.

E la sensazione di andare incontro a qualcosa di meravigliosamente misterioso ci è rimasta impressa anche quando il bosco è tornato ad essere familiare con i suoi tronchi d’abete e i resti di muretti a secco.

Sotto una rupe che deve essere stata usata da pastori di diverse epoche, in una zona panoramica affacciata sulla valle ecco il primo masso.

I più esperti con il valido aiuto dei bambini hanno ripulito il sasso.

Il sasso coppellato era bello, ho imparato a pulirlo e con il gesso ho cerchiato le coppelle. Certe sono delle croci”.

Mi ha sbalordiro sapere che quei buchi nella pietra li abbiano fatti delle persone che hanno vissuto molto prima dell’epoca moderna. A un certo punto mentre pulivamo le coppelle abbiamo trovato una cosa meravigliosa, una croce speciale, essa indicava i 4 punti cardinali ed era perfettamente precisa”.

Queste le impressioni di due bambini. Ma il loro stupore penso possa essere esteso a tutti noi.

Dopo il “Sasso Spinazzi” l’avventura è proseguita. Il nuovo masso chiamato “Sasso Stefano” si trovava ai piedi di una frana che domina anch’esso la valle.

Lì ci siamo fermati e con noi il tempo, non era più inverno, non era più pomeriggio, tutto si è arrestato nell’immobilità di quelle eterne pietre.

Il tempo ci differenzia da quegli uomini che hanno speso le loro ore a scavare quei sassi, non solo il tempo cronologico,quello che ci ha portato a vivere in ere diverse, ma anche quello più esistenziale. Il nostro a volte percepito così lungo, da dover “essere ammazzato e il loro così fugace e spazzato via in un battito dell’eternità.

E forse è proprio nel senso di quel tempo che si cela il segreto di questi sassi.

Nel breve spazio della loro vita dove la preoccupazione del mangiare e del proteggersi era impellente, rubare delle ore per lasciare una traccia di sé nella roccia doveva rispondere ad un bisogno ancora più urgente e avere un senso molto prezioso, di cui non possiamo coglierne la portata.

Il ritorno alla realtà è stato lento e mutevole. E’ cambiato il nostro modo di vedere la vita, il cielo, che forse ora non è così lontano, perché qualcuno ha voluto ricamare sulla roccia una trapunta di stelle.