GITA DELL'ASSOCIAZIONE A POVO (TN) OLTRECASTELLO - 10 maggio 2019

di Luca Webber

 
 

Oggi siamo a Povo, nel territorio di Oltrecastello, in compagnia di Mara, Diego e Simone che ci accompagneranno a scoprire le bellezze che si nascondono sul monte Celva.

Ci inoltriamo nel fitto bosco per un sentiero che viaggia parallelo e a strapiombo sull'orrido del fiume Fersina. Nell'intrico di sentieri e rami raggiungiamo una gola che precipita verso valle, il “covelo” si trova lì sotto.

Di primo acchito l'impresa sembra azzardata ma Diego ci fa notare una corda di sicurezza collocata da un gruppo di climbers che vengono ad allenarsi su queste pareti.

Detto ciò ci caliamo e poco dopo raggiungiamo una piccola grotta che in passato può essere servita da riparo all'uomo. Visitandola non troviamo tracce significative di presenza dell'uomo in antichità a parte degli insoliti segni sulla roccia. Linee forse non naturali che ci riportano alla mente uno scorpione/granchio, una piccola luna, un pesce e una piccola croce incisa con il metallo. Riflettendo, gli elementi trovati potrebbero essere stati lasciati in antichità da pastori/cacciatori a raccontare le prede pescate nel vicino torrente Fersina. Ipotesi non del tutto da escludere visto che è dimostrato che già in antichità si cacciavano e mangiavano granchi d’acqua dolce.

Tornati sui nostri passi, proseguiamo lungo strada più o meno larga di terreno battuto, che un tempo serviva da comunicazione fra più luoghi. Arrivati su un terrazzamento Mara ci fa notare che stiamo camminando sopra un’iscrizione incisa nella pietra: “PREGATE PER TERESA CAS TAGNETTI NATA MARCHI MORTA (IL)” – “OGI A ME- DIMANI A TE - 08 C.A.” Con tutta probabilità si tratta di un’incisione in ricordo di un evento tragico avvenuto in quel luogo.

Infine abbandoniamo la via, deviando lungo una traccia di sentiero fino a raggiungere una parete verticale di roccia con un grande riparo. Esaminandolo troviamo evidenti tracce di un focolare, lasciato presumibilmente di recente. Osservando meglio lo strato superficiale del terreno troviamo un vecchio chiodo in ferro battuto con testa irregolare.

Di certo non possiamo escludere a priori la possibilità che entrambi i ripari sotto roccia possano essere stati interessati dalla presenza dell'uomo in antichità. Magari un giorno si scoprirà che non si tratta di fantasie. Di certo è affascinante immaginare nel periodo estivo, i ripari abitati da gruppi di cacciatori-raccoglitori nomadi. Impegnati nelle loro battute di caccia e di pesca, abbattevano e pescavano animali. Trasportati all’interno dei coveli la pelle veniva lavorata e conciata, la carne affumicata ed essiccata per essere successivamente trasportata nei ripari invernali di fondovalle.