Oggi siamo a Povo, nel
territorio di Oltrecastello, in compagnia di Mara, Diego
e Simone che ci accompagneranno a scoprire le bellezze
che si nascondono sul monte Celva.
Ci inoltriamo nel fitto
bosco per un sentiero che viaggia parallelo e a
strapiombo sull'orrido del fiume Fersina. Nell'intrico
di sentieri e rami raggiungiamo una gola che precipita
verso valle, il “covelo” si trova lì sotto.
Di primo acchito
l'impresa sembra azzardata ma Diego ci fa notare una
corda di sicurezza collocata da un gruppo di climbers
che vengono ad allenarsi su queste pareti.
Detto ciò ci caliamo e
poco dopo raggiungiamo una piccola grotta che in passato
può essere servita da riparo all'uomo. Visitandola non
troviamo tracce significative di presenza dell'uomo in
antichità a parte degli insoliti segni sulla roccia.
Linee forse non naturali che ci riportano alla mente uno
scorpione/granchio, una piccola luna, un pesce e una
piccola croce incisa con il metallo. Riflettendo, gli
elementi trovati potrebbero essere stati lasciati in
antichità da pastori/cacciatori a raccontare le prede
pescate nel vicino torrente Fersina. Ipotesi non del
tutto da escludere visto che è dimostrato che già in
antichità si cacciavano e mangiavano granchi d’acqua
dolce.
Tornati sui nostri passi,
proseguiamo lungo strada più o meno larga di terreno
battuto, che un tempo serviva da comunicazione fra più
luoghi. Arrivati su un terrazzamento Mara ci fa notare
che stiamo camminando sopra un’iscrizione incisa nella
pietra: “PREGATE PER TERESA CAS TAGNETTI NATA MARCHI
MORTA (IL)” – “OGI A ME- DIMANI A TE - 08 C.A.” Con
tutta probabilità si tratta di un’incisione in ricordo
di un evento tragico avvenuto in quel luogo.
Infine abbandoniamo la
via, deviando lungo una traccia di sentiero fino a
raggiungere una parete verticale di roccia con un grande
riparo. Esaminandolo troviamo evidenti tracce di un
focolare, lasciato presumibilmente di recente.
Osservando meglio lo
strato superficiale del terreno troviamo un
vecchio chiodo in ferro battuto con testa irregolare.
Di certo non possiamo
escludere a priori la possibilità che entrambi i ripari
sotto roccia possano essere stati interessati dalla
presenza dell'uomo in antichità. Magari un giorno si
scoprirà che non si tratta di fantasie. Di certo è
affascinante immaginare nel periodo estivo, i ripari
abitati da gruppi di cacciatori-raccoglitori nomadi.
Impegnati nelle loro battute di caccia e di pesca,
abbattevano e pescavano animali. Trasportati all’interno
dei coveli la pelle veniva lavorata e conciata, la carne
affumicata ed essiccata per essere successivamente
trasportata nei ripari invernali di fondovalle.
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