GITA LUNGO IL SENTIERO DELLE LEGGENDE A PARCINES (BZ) - 16 ottobre 2016

di Francesca Iachelini

Oggi ci lasciamo guidare da due cacciatori dell’età della pietra, sulle loro tracce varchiamo la soglia che ci conduce in un luogo dolce e selvaggio allo stesso tempo. Uno spazio dove il tempo, l’uomo e la natura si incontrano, riuscendo a narrare, solo a chi sa ascoltare con tutti i sensi, storie antiche, attraverso la persistenza della pietra e l’antica eredità delle molteplici leggende locali. “Die Sagenweg”, il sentiero delle leggende, circuito ad anello che unisce l’archeologia alle cinquantuno leggende presenti in questo suggestivo fazzoletto di terra a pochi chilometri da Merano, sopra l’abitato di Parcines.

Percorriamo inizialmente un pezzetto della via delle Rogge di Parcines che si dilunga, seguendo gli antichi canali d’irrigazione, in modo pianeggiante, sul fianco della montagna. Qui ci lasciamo cullare dal gorgogliare dell’acqua, estremamente pacifico e rilassante come vivace e dinamico in altri tratti, che guida i nostri pensieri e le nostre emozioni.

Incontriamo già i primi massi coppellati: “Schalenstein” (1) caratterizzato da otto coppelle scavate nella roccia (in parte danneggiate) di diverse dimensioni. Le coppelle sono incisioni misteriose la cui causa è persa nella storia: collegate ad antichi culti della fertilità? Utilizzate per studi astrologici? Gli interrogativi e le ipotesi possono essere molte, la cosa certa è che indicano in modo inequivocabile una presenza umana.

Sulla nostra destra sopra il sentiero vediamo quello che probabilmente è un antico riparo sotto roccia “Schwolbnkofl” (2), frequentato in questo momento da un gruppo di capre che decidiamo di non disturbare.

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A malincuore siamo costretti a salutare l’acqua che scorre nei canali, continuando sul sentiero delle leggende che ci porta verso nord, alzandoci leggermente di quota. Nel giro di pochi minuti, abbiamo il piacere di osservare dei resti di antiche mura, una lastra di pietra con due croci “Schalenstein(3), e spostandoci leggermente dal sentiero verso sinistra una pietra con una misteriosa incisione, troppo rovinata dal tempo per poterla “decifrare” con certezza, forse caratterizzata da alcune coppelle collegate tra loro a canaletta. Più avanti sulla destra si può notare un recinto per il bestiame.

Continuando a salire giungiamo ad un riparo sotto roccia (4) con camino aperto abitato inizialmente dal ca. 3.000 – 500 a.C. ma probabilmente frequentato dai pastori come riparo fino a tempi non troppo lontani. Il rifugio ci accoglie al suo interno in modo confortevole facendoci immaginare tempi molto lontani dalle nostre abitazioni moderne, dove riuscire a trovare risposta ai bisogni primari era la prerogativa principale. Nel tempo il luogo è entrato nel patrimonio delle narrazioni popolari come “Stuaner- Geada-Hütt”. Si racconta infatti che fosse abitata da una donna di nome Stuaner Geada (Gertraud von Steinerhof) una strega molto cattiva, ancora molto presente nei racconti degli abitanti di Parcines. Si narra che una volta fece scoppiare un temibile temporale che distrusse quasi l’intero paese e la Chiesa di S. Elena a Tel, mentre un sole splendente inondava il vicino Greiterhof. La strega si nutriva di vermi, topi e ratti che era solita richiamare con formule magiche. Inoltre conosceva i nomi segreti di tutte le specie animali. Nelle giornate di sole, sedeva in compagnia del diavolo su un grande masso, noto come il “Geada Zopfnstuan” (5), posto sopra la grotta dove filava enormi gomitoli di lana di pecora. Questa immagine di donna filatrice ci riporta all’antico ruolo della donna come tessitrice del tempo, grazie al legame tra il ciclo mestruale e il ciclo lunare secondo la legge ermetica di corrispondenza tra il microcosmo e il macrocosmo (“come in cielo così in terra”). All’arte del calcolo del calendario, sapere sacro presso gli antichi, si affiancava inoltre quella di esplorare il tempo riuscendo a vedere nel passato o nel futuro. Sulla sommità del masso si possono scorgere undici coppelle (6), le impronte del sedile della strega, le tracce della ruota dell’arcolaio e l’impronta incisa nella pietra della mano del diavolo.

Sotto la grotta è situato il “Hexenplatz”, luogo leggendario di ritrovo delle streghe. Nelle vicinanze del riparo sono riconoscibili alcuni resti di un’antica muraglia.

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Continuando il nostro itinerario, giungiamo alla lastra del diavolo “Teufelsplatte” (7) dove si possono vedere due impronte di piede di donna e sei paia di zoccoli di capra. Nelle immediate vicinanze si trova lo “Steinsitz” (8), una piccola panchina di pietra e un grande masso che si affaccia sulla vallata sottostante, caratterizzato da cinque coppelle posizionate su una immaginaria linea retta. Questo luogo è la sede di un’altra leggenda che racconta di una giovane ragazza della Val Senales portata qui dal diavolo per pettinarle i suoi lunghi capelli biondi.

Riprendiamo il sentiero, sul quale è situata un’altra antica panchina di pietra con delle incisioni, nota come “Rasterle Stein” (9), che nella sua posizione dominante sulla via ci invita a sederci e fare una pausa.

Lasciando il sentiero nel bosco e dirigendoci verso destra sulla strada asfaltata incontriamo dopo pochissimi metri il masso “Schalenstein” (10)  caratterizzato da 41 coppelle e due croci. In questo luogo si possono inoltre osservare i resti scomposti delle mura ciclopiche lunghe 120 metri che testimoniano la presenza di una fortezza neolitica datata 3.000 – 500 a. C. .

A poca distanza, in prossimità del tornante, si trova il maestoso masso noto come “Golderskofel” (11) caratterizzato da molte coppelle e croci. In questo luogo di osservazione ci lasciamo affascinare dal paesaggio che si apre in tutta la sua bellezza alla nostra vista, immaginando quali estensioni boschive, montagne incontaminate e profondi cieli stellati potesse scorgere un nostro antenato nel neolitico; cercando di vedere con i suoi occhi per comprendere il suo ed il nostro mondo.

Dopo la ricerca del masso coppellato nei pressi di Maso Ebner (12), decidiamo di trascorrere le ultime ore di luce in un locale della zona dal quale possiamo ammirare in lontananza la cascata di Parcines. Nella convivialità e nella condivisione di un piatto caldo piano piano ci prepariamo a salutare questo mondo, che nella ricchezza della sua memoria ci ha parlato con grande potenza evocatrice.

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