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In una frizzante mattina
di fine settembre dal cielo terso, c’incamminiamo verso
la Val Montozzo, a destra del lago di Pian Palù, per
studiare il percorso mesolitico d’alta quota che
collegava la Val Camonica con la Val di Pejo. La
via è stata riconosciuta da più ricercatori in seguito
ai numerosi rinvenimenti archeologici e massi
coppellati, supposizione che avvalora l’importanza avuta
in epoca antica dalla Valletta.
Il sentiero, giunti al
lago, prosegue fra il verde: la superficie dell’acqua è
un gioco di riflessi dei monti circostanti. Ad un certo
punto la via s’inerpica salendo a zig-zag, mostrando
magnifici panorami. Lungo un crinale degli stambecchi si
stagliano contro il blu del cielo. La valle ora si apre
in un paesaggio quasi morbido, non v’è più vegetazione
ed un torrente, serpeggiando, attraversa il fondo della
valle. Il silenzio è rotto solo dal rumoroso scorrere
delle sue acque e dal campanaccio di qualche mucca che
bruca intorno ad un riparo. Una marmotta ci avvista e
lancia un fischio che squarcia l’aria. A 2.425 metri, a
destra del sentiero, Giuliano nota una singola coppella
fra i ruderi di vecchie costruzioni in pietra, forse un
cardine per porta… Malga, riparo, abitazione? Eseguiamo
i rilievi di rito e perlustriamo la zona. Alcuni scavi
fatti dalle amiche marmotte per le loro tane ci regalano
dei resti di carbone. Molti. Troppi. Formano un’intera
collinetta, scopriamo grazie al loro scavare. Sondaggi
naturali. Un altro punto su cui indagare.
Giorni dopo, parlando con
una persona di Pejo, questa ci spiega che anticamente in
tutta la valle c’erano molti carbonai, anche ad alta
quota., tant'è che attorno a questi uomini sono nate
varie leggende e racconti.
Nella ricerca di ulteriori informazioni abbiamo
contattato il Direttore del Distretto Forestale di Malè
Fabio Angeli, con cui condividiamo informazioni e
scoperte, che in questo caso ci ha battuto sul tempo!
Incuriosito, ha esaminato il carbone trovato sulla
collina utilizzando la dendrocronologia ed il risultato
più evidente è che il carbone non può essere stato fatto
prima del 1839. A quei tempi il territorio era proprietà
di Ponte di Legno, probabilmente si trattava di carbonai
lombardi. Questo spiega la presenza della collinetta,
rimasta quale muta testimonianza del duro lavoro che si
svolgeva in montagna fino al ’900 circa.
Proseguiamo il nostro
cammino arrivando alla Forcellina di Montozzo a 2.613
mt. Incontriamo qui anche i primi esseri umani della
giornata. Qualcuno è salito da Pejo, i più dalla Via
Camuna. Sul passo resti di trincee, monumenti della
guerra ed un panorama mozzafiato. Ci fermiamo a
gustarcelo ed a cercare di capire, dai pochi indizi
cartacei della ricerca svolta da Ausilio Priuli
(1)
, dove possano essere i massi coppellati che cerchiamo.
Ciò implica di scendere fino quasi al rifugio A. Bozzi
al Montozzo a 2.478 mt., su di un pianoro leggermente
sovrastante. Ed eccole, a 2.522 mt., 3 coppelle molto
consunte su 2 massi. Purtroppo il luogo è stato teatro
della grande guerra, le trincee sono ancora visitabili,
quindi sicuramente il luogo è stato “compromesso”. Luca
ed io chiediamo informazioni al personale del rifugio.
Ci rispondono che “In zona non esiste assolutamente
nulla d’archeologico ma solo la guerra”, nonostante
foto e descrizione che abbiamo mostrato loro. Ma il
nostro “cercatore” Giuliano, che ci attendeva fuori dal
rifugio, scopre nei pressi del Laghetto di Montozzo, a
2.477 mt., una coppella di dimensioni notevoli! Ok, non
sarà Otzi, ma pur sempre di una scoperta archeologica si
tratta! Bene. Ora, soddisfatti ritorniamo alla
Forcellina. La salita da questo versante è faticosa ed
il caldo anomalo di questa giornata non aiuta.
Camminiamo in silenzio, ognuno perso nei propri
pensieri, nel proprio vedere, nel proprio sentire. Gli
stambecchi sono sempre lì, attaccati alla roccia come
ventose ed un vitellino nato da pochissimo ci osserva
curioso. La strada del rientro, come spesso accade
quando si va in montagna, sembra più lunga dell’andata,
le ombre calano lentamente ed i bramiti dei cervi in
amore echeggiano nella valle. Anche le frequenti soste
per gustarci i lamponi succulenti che crescono a lato
del sentiero, ci fanno tardare il rientro.
La nostra “prova” è
giunta al termine e direi promossa a pieni voti. Il
tragitto è praticabile dalla Valletta fino alla Valle di
Viso senza grosse difficoltà. Anzi come dice sempre un
nostro associato, “quasi con le mani in tasca”!
(1) Ausilio Priuli -
"Incisioni rupesri e siti preistorici ad alta quota"
Note preliminari relative alle ricerche in corso in Val
di Pejo, alta Valle Camonica e alta Val Furva. |