GITA DELL'ASSOCIAZIONE A CHIUSA (BZ) - 5 dicembre 2017

"I KRAMPUS E LA DISCESA NEL BUIO"

 

di Francesca Iachelini

Immaginiamo di passeggiare nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, la notte dei Krampus, in un piccolo, medio o grande borgo dell’Alto Adige. Siamo nel 2016… siamo nel 1904… siamo nel 1626… siamo agli albori della conquista delle Alpi da parte del cristianesimo… o siamo molto tempo prima. Poco importa. Viaggiamo...


Il rumore arriva per primo, quello dei grandi campanacci legati in vita. Un grande frastuono che annuncia il prepotente arrivo dei Krampus, aumentando la suspance in chi generazione dopo generazione partecipa a questo rito comunitario. Le maschere di legno (di larice o cirmolo), le maleodoranti pellicce, il passo selvaggio, le grandi corna… nascondono in essi ogni traccia di umanità. Quelli che ci appaiono alla vista sono degli esseri animali, demoniaci che la nostra mente accosta subito a ciò che non è conosciuto. Ciò che celano davvero è il grande mistero della loro origine che con il diavolo e la religione cristiana ha poco a vedere.


Per una notte ci troviamo legati a loro in un incantesimo di terrore e fascino. Ci troviamo in mezzo a un terribile carnevale, dove il caos prende il sopravvento e i ruoli sociali per qualche ora sembrano essere dimenticati. C’è una profonda eco di vita selvaggia in questo rituale collettivo che coinvolge tutti i nostri bambini interiori in una sana sfida alle proprie ombre. Attraverso le corse forsennate, i salti per evitare le frustate, i dispetti...la paura e il desiderio di passare inosservati che ci fanno chinare lo sguardo di fronte ai signori della notte.


I krampus spaventano ed eccitano nello stesso tempo, ricchi di una carica vitale e selvaggia che parla agli intestini delle nostre membra. Il frastuono dei grandi campanacci richiama l’attenzione e fa strada a questi spiriti animali profondamente vitali. Saltano, scuotono i campanacci e percuotono con fruste e rami i malcapitati nel ruolo di giudici di un’altra conoscenza.


Ed è proprio attraverso questo gran fracasso che i Krampus, il Salvanel, lo spirito o l’uomo che viene dal bosco, l’antico Dio Fauno (la cui ricorrenza nell’antica Grecia era proprio il 5 dicembre), i Klocklen (uomini coperti di paglia presenti nelle tradizioni dell’Alto Adige nei mesi di febbraiomarzo) scuotono la terra dormiente, eco delle cerimonie legate alla fertilità e al ciclo vegetativo stagionale. Molte sono le figure simili che si ritrovano in tutta Europa a dimostranza dell’estrema importanza di queste tradizioni, sopravvissute nei millenni, a volte però difficili da leggere nel loro significato autentico a causa delle contaminazioni e sovrascritture che hanno subito nel passaggio del tempo, ma che ne hanno permesso comunque la sopravvivenza.


Come rito di passaggio all’età adulta, sono i ragazzi diciottenni, nel pieno della loro forza vitale, ad essere chiamati a impersonificare questi spiriti. In questo acquisisce un ruolo importante la maschera, regina del carnevale ma non solo, che accompagna la maggior parte delle tradizioni folkloristiche legate al periodo invernale, ovvero dal capodanno celtico di Ognissanti fino alla fioritura di Calendimaggio. Come potente strumento rituale viene infatti utilizzata da tutte le popolazioni fin dall’età del ferro per immedesimarsi nelle entità invisibili ed è sopravvissuta fino ai giorni nostri nonostante la pratica dell’utilizzo delle maschere sia stata osteggiata dalla Chiesa imponendo nel 1672 il divieto di utilizzo di maschere sataniche e una tassa specifica che permase fino alla Rivoluzione Francese.

In questo scenario appare timida la figura di S. Nicolò con gli angeli, accostatasi ai Krampus solo dopo il 1600, forse in sostituzione ad un’altra figura portatrice di luce, legata alla speranza nei giorni più corti dell’anno della rinascita del sole, in un tentativo da parte della controriforma di limitare e dare un senso cattolico a questi spettacoli demoniaci. Oggi la contrapposizione tra i Krampus e S. Nicolò ci appare come la lotta fra il buio e la luce, tra il male e il bene nell’attesa che la luce riprenda il sopravvento sull’oscurità. Questa dualità potrebbe però rappresentare una sovrascrittura moderna; per le antiche popolazioni infatti nel ciclo stagionale il buio rappresentava un passaggio necessario come la morte per la rinascita della vita.


Il grande interrogativo è quanto la tradizione dei Krampus si sia modificata nel passaggio dei secoli, quanti significati possa aver perso, quanti altri ne possa aver aggiunto e quanto le nostre menti e la nostra cultura ci permetta di avvicinarci alla comprensione di un mondo che, forse, non ci appartiene più in modo istintivo.


L’analisi della radice e dell’origine dei nomi può essere un modo particolarmente interessante per ricercare un significato il più possibile arcaico. Nella radice dei nomi si trovano delle assomiglianze tra Krampus e S.Claus. Il primo infatti nell’antico tedesco è riconducibile al verbo krampen, ovvero graffiare ed in inglese claws indica artigli, to claw graffiare. Entrambe figure legate al perido solstiziale e al portare doni (come viene rappresentato anche in alcune antiche raffigurazioni dei Krampus). La parola Krampus inoltre può essere legata ad una inversione di consonanti che richiamano la parola Kaprum, presente in varie forme in molti antichi dialetti italici. Il collegamento con la figura della capra, abbastanza logico se prendiamo in considerazione l’aspetto del krampus, rievoca gli studi di Gerda Weiler dove la Grande Madre assumeva le sembianze dello stambecco e del capro delle montagne. Nel greco antico invece il termine “kapros” è legato al cinghiale anch’esso animale sacro che come la scrofa e molti altri animali importanti e carichi di simbologie, sono stati demonizzati nel corso dei secoli in modo da acquisire ai giorni nostri una valenza fortemente negativa e di ingiuria, sotto la quale si nasconde invece la grande venerazione che avevano verso di essi i nostri antenati.


Per comprendere la figura dei Krampus è indispensabile vederla in relazione con il solstizio d’inverno alle porte, la notte più lunga di tutto l’anno prima di riniziare la risalita dell’astro solare. La Befana e la Berchta nel significato stesso del loro nome racchiudono il collegamento con il Sole: la Splendente, la Luminosa, la Raggiante; esse portano la luce della speranza della rinascita, ancora lontana ma che inizia ad intravedersi, simboleggiata dalle giornate che via via inizieranno ad allungarsi.


Rimaniamo però ora nel presente e lasciamoci trascinare dai Krampus nella profonda oscurità di questa stagione.