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Immaginiamo di
passeggiare nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, la
notte dei Krampus, in un piccolo, medio o grande borgo
dell’Alto Adige. Siamo nel 2016… siamo nel 1904… siamo
nel 1626… siamo agli albori della conquista delle Alpi
da parte del cristianesimo… o siamo molto tempo prima.
Poco importa. Viaggiamo...
Il rumore arriva per primo, quello dei grandi campanacci
legati in vita. Un grande frastuono che annuncia il
prepotente arrivo dei Krampus, aumentando la suspance in
chi generazione dopo generazione partecipa a questo rito
comunitario. Le maschere di legno (di larice o cirmolo),
le maleodoranti pellicce, il passo selvaggio, le grandi
corna… nascondono in essi ogni traccia di umanità.
Quelli che ci appaiono alla vista sono degli esseri
animali, demoniaci che la nostra mente accosta subito a
ciò che non è conosciuto. Ciò che celano davvero è il
grande mistero della loro origine che con il diavolo e
la religione cristiana ha poco a vedere.
Per una notte ci troviamo legati a loro in un
incantesimo di terrore e fascino. Ci troviamo in mezzo a
un terribile carnevale, dove il caos prende il
sopravvento e i ruoli sociali per qualche ora sembrano
essere dimenticati. C’è una profonda eco di vita
selvaggia in questo rituale collettivo che coinvolge
tutti i nostri bambini interiori in una sana sfida alle
proprie ombre. Attraverso le corse forsennate, i salti
per evitare le frustate, i dispetti...la paura e il
desiderio di passare inosservati che ci fanno chinare lo
sguardo di fronte ai signori della notte.
I krampus spaventano ed eccitano nello stesso tempo,
ricchi di una carica vitale e selvaggia che parla agli
intestini delle nostre membra. Il frastuono dei grandi
campanacci richiama l’attenzione e fa strada a questi
spiriti animali profondamente vitali. Saltano, scuotono
i campanacci e percuotono con fruste e rami i
malcapitati nel ruolo di giudici di un’altra conoscenza.
Ed è proprio attraverso questo gran fracasso che i
Krampus, il Salvanel, lo spirito o l’uomo che viene dal
bosco, l’antico Dio Fauno (la cui ricorrenza nell’antica
Grecia era proprio il 5 dicembre), i Klocklen (uomini
coperti di paglia presenti nelle tradizioni dell’Alto
Adige nei mesi di febbraiomarzo) scuotono la terra
dormiente, eco delle cerimonie legate alla fertilità e
al ciclo vegetativo stagionale. Molte sono le figure
simili che si ritrovano in tutta Europa a dimostranza
dell’estrema importanza di queste tradizioni,
sopravvissute nei millenni, a volte però difficili da
leggere nel loro significato autentico a causa delle
contaminazioni e sovrascritture che hanno subito nel
passaggio del tempo, ma che ne hanno permesso comunque
la sopravvivenza.
Come rito di passaggio all’età adulta, sono i ragazzi
diciottenni, nel pieno della loro forza vitale, ad
essere chiamati a impersonificare questi spiriti. In
questo acquisisce un ruolo importante la maschera,
regina del carnevale ma non solo, che accompagna la
maggior parte delle tradizioni folkloristiche legate al
periodo invernale, ovvero dal capodanno celtico di
Ognissanti fino alla fioritura di Calendimaggio. Come
potente strumento rituale viene infatti utilizzata da
tutte le popolazioni fin dall’età del ferro per
immedesimarsi nelle entità invisibili ed è sopravvissuta
fino ai giorni nostri nonostante la pratica
dell’utilizzo delle maschere sia stata osteggiata dalla
Chiesa imponendo nel 1672 il divieto di utilizzo di
maschere sataniche e una tassa specifica che permase
fino alla Rivoluzione Francese.
In questo scenario appare
timida la figura di S. Nicolò con gli angeli,
accostatasi ai Krampus solo
dopo il 1600, forse in sostituzione ad un’altra figura
portatrice di luce, legata alla speranza nei giorni più
corti dell’anno della rinascita del sole, in un
tentativo da parte della controriforma di limitare e
dare un senso cattolico a questi spettacoli demoniaci.
Oggi la contrapposizione tra i Krampus e S. Nicolò ci
appare come la lotta fra il buio e la luce, tra il male
e il bene nell’attesa che la luce riprenda il
sopravvento sull’oscurità. Questa dualità potrebbe però
rappresentare una sovrascrittura moderna; per le antiche
popolazioni infatti nel ciclo stagionale il buio
rappresentava un passaggio necessario come la morte per
la rinascita della vita.
Il grande interrogativo è quanto la tradizione dei
Krampus si sia modificata nel passaggio dei secoli,
quanti significati possa aver perso, quanti altri ne
possa aver aggiunto e quanto le nostre menti e la nostra
cultura ci permetta di avvicinarci alla comprensione di
un mondo che, forse, non ci appartiene più in modo
istintivo.
L’analisi della radice e dell’origine dei nomi può
essere un modo particolarmente interessante per
ricercare un significato il più possibile arcaico. Nella
radice dei nomi si trovano delle assomiglianze tra
Krampus e S.Claus. Il primo infatti nell’antico tedesco
è riconducibile al verbo krampen, ovvero graffiare ed in
inglese claws indica artigli, to claw graffiare.
Entrambe figure legate al perido solstiziale e al
portare doni (come viene rappresentato anche in alcune
antiche raffigurazioni dei Krampus). La parola Krampus
inoltre può essere legata ad una inversione di
consonanti che richiamano la parola Kaprum, presente in
varie forme in molti antichi dialetti italici. Il
collegamento con la figura della capra, abbastanza
logico se prendiamo in considerazione l’aspetto del
krampus, rievoca gli studi di Gerda Weiler dove la
Grande Madre assumeva le sembianze dello stambecco e del
capro delle montagne. Nel greco antico invece il termine
“kapros” è legato al cinghiale anch’esso animale sacro
che come la scrofa e molti altri animali importanti e
carichi di simbologie, sono stati demonizzati nel corso
dei secoli in modo da acquisire ai giorni nostri una
valenza fortemente negativa e di ingiuria, sotto la
quale si nasconde invece la grande venerazione che
avevano verso di essi i nostri antenati.
Per comprendere la figura dei Krampus è indispensabile
vederla in relazione con il solstizio d’inverno alle
porte, la notte più lunga di tutto l’anno prima di
riniziare la risalita dell’astro solare. La Befana e la
Berchta nel significato stesso del loro nome racchiudono
il collegamento con il Sole: la Splendente, la Luminosa,
la Raggiante; esse portano la luce della speranza della
rinascita, ancora lontana ma che inizia ad intravedersi,
simboleggiata dalle giornate che via via inizieranno ad
allungarsi.
Rimaniamo però ora nel presente e lasciamoci trascinare
dai Krampus nella profonda oscurità di questa stagione.
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