Oggigiorno i numerosi
“segni” di coloro che abitavano la
montagna rimangono solo quali muti
testimoni di rituali primitivi,
necessari per sopravvivere in un mondo
nel quale il soprannaturale era ovunque.
Il “segno” più
diffuso sulla pietra, stabile e
duratura, è un contenitore di forma e
dimensioni differenti che lascia
intendere il tentativo di comunicare con
il divino, per invocarlo o per placarlo,
nonché la raffigurazione per mezzo del
“segno” dell’utero della grande Madre
Terra. Accoglie in sé l’acqua per
permettere il ripetersi del ciclo della
natura che, fecondata dalla pioggia,
garantisce l’attività pastorale e
agraria.
Il montanaro ha
conservato e tramandato istintivamente
tradizioni millenarie che lo uniscono
spiritualmente all’ambiente che lo
circonda. Lo testimoniano la gran
quantità di coppelle disseminate in
tutte le regioni alpine, messaggi tra
magia e fede che bastava saper
interpretare per trarne l’insegnamento e
la protezione necessaria.
D’altronde ci si trovava
in un contesto in cui l’intera natura
era intrisa di divino e l’attitudine
magica diveniva conseguenza naturale.
Sulle montagne più elevate, nel fitto
dei boschi, in luoghi isolati o presso
incroci di strade, nella notte tra
venerdì e sabato a mezzanotte si
riunivano le streghe a celebrare il
sabba. Rituali per la gente di montagna
connessi al ciclo della natura, che
promettevano abbondanza e rinascita.
Questo preambolo per
presentare il “Sass da le Strie” di
Terzolas.
Sopra i “crozi delle
Toare”, vicino alla località “Bus del
Gat” ci è stata indicata una roccia
dove:“[…] da piccoli andavamo a
giocare sul Sass da le Strie di Terzolas
[…]”. Angela è stata la prima ad
incapparci. Una roccia per lo più
interrata ma che presenta sulla sua
superficie delle linee convesse formate
presumibilmente in seguito a processi
spontanei.
Una roccia, che agli
occhi superstiziosi del “montanaro”, ha
senza dubbio dato origine a credenze.
Tant'è vero che i Concili emanarono
numerosi decreti di condanna contro gli
adoratori di pietre, alberi e fonti,
imponendone la distruzione.
A conferma che il luogo
rivestisse in passato una certa
importanza, Franca ha trovato nelle
vicinanze un grande masso con un
“segno” lasciato dall’uomo. Un
incavo ovale, 17x13 cm, risulta
difficile affermare si tratti della
“classica” coppella, però possiamo
asserire con certezza sia stata
manipolata dall’uomo, adattandolo per
accogliere nel proprio interno
qualsivoglia materiale solido o liquido
per fini magici-rituali. Altro punto
curioso è il toponimo “ Bus del Gat”.
Gatto che non scordiamo è l’animale per
eccellenza associato alla strega e per
questo perseguitato e massacrato in
tutta Europa. Metamorfosi riproposta più
volte nelle leggende secondo le quali le
percosse e ferite inferte al gatto si
ritrovano il giorno seguente sul corpo
della strega, che ha riacquistato
sembianze umane.
Oggi è difficile
interpretare questi “segni”.
Quale fosse la natura del loro messaggio
e a chi fosse destinato resta un
mistero, come peraltro la funzione, ma è
immaginabile fossero utilizzati a
protezione del soprannaturale.
“L'eccessiva
cautela conduce a un completo
fraintendimento... E'
nell'interpretazione, tuttavia, che ci
vuole coraggio”
L'egittologo R.T.Rundle Clark
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