MASSI COPPELLATI NEL TERRITORIO DELLA MALGA TERZOLASA - ARTISE'

VAL DI RABBI (TN) - 30 gennaio 2016

di Luca Webber

Grazie alla segnalazione di coppelle all’Om della Terzolasa, da parte di Lorenzo Ruatti, abbiamo scoperto che la zona della malga Terzolasa-Artisè è molto interessata dal fenomeno dei massi coppellati. Percorrendo tratti di sentiero per raggiungere l’Om della Terzolasa, ci siamo imbattuti in più di un masso coppellato.

Il primo, a mt. 1993 grande 1,14 mt x 60 cm circa, è stato notato affiorante dal terreno all'incirca nel mezzo del pascolo sovrastante la malga Terzolasa località “Palù”,da Franca Emanuelli. Rileviamo incise 6 coppelle di diversa grandezza e un segno di difficile lettura. A prima vista le incisioni, presumibilmente praticate con percussore in pietra, appaiono disposte a quarto di cerchio. Questo schema ha fatto nascere in noi dei dubbi a cui stiamo cercando risposte e, se le troviamo, non mancheremo di dirvelo.

Proseguendo raggiungiamo un pianoro a mt. 2096, in cui Giuliano Valentinotti ha trovato un masso di notevoli dimensioni, 3,40 mt x 2,10 mt circa, che domina l’ambiente circostante. Ad un attento esame abbiamo rilevato 14 coppelle più una dubbia, di diverse profondità e diametro, apparentemente praticate con percussore in pietra, tutte esposte verso valle, in sostanza a controllare il percorso che compie il sole da est ad ovest. Nelle immediate vicinanze individuiamo la presenza di pietre che compongono una circonferenza che ci induce a pensare si possa trattare di un riparo o ricovero.

Riprendendo la salita arriviamo all’Om della Terzolasa, mt. 2347, trovando un ampio e pianeggiante spazio, nel cui mezzo è collocato il masso indicatoci da Lorenzo Ruatti.

Il sasso si trova su di un terreno erboso, misura circa 2,20 mt x 1,90 mt e un altezza di 90 cm circa. Esaminandolo accuratamente rileviamo la presenza di 9 coppelle più 3 dubbie, di diverse dimensioni, probabilmente incise sia con percussori in pietra che in ferro. Nelle vicinanze troviamo un masso affiorante dal terreno, di grandezza 1,37 mt x 95 cm circa, con incisa un’unica coppella di diametro 10 cm per una profondità di circa 4,5 cm., verosimilmente fatta con il metallo. Adiacente a questo masso notiamo altre 3 coppelle più due 2 dubbie, realizzate con la pietra. Ispezionando i dintorni, posto in alto rispetto all’Om della Terzolasa a mt. 2363, scopriamo un masso affiorante dal terreno,  con incisa un’unica coppella di diametro 6 cm. Degna di attenzione la posizione del masso, poiché domina dall’alto tutta la zona e ci permette di individuare un perimetro di pietre che potrebbe indicare la presenza di un riparo o recinto per il bestiame. A prima vista, tutte le coppelle trovate all’Om della Terzolasa, non forniscono alcun indizio utile per interpretarne il significato. Osservando il contesto generale dei massi, possiamo dedurre che dominano sul paesaggio circostante permettendo di osservare il percorso integrale che compie il sole. Compiuta la doverosa descrizione tecnica, desidero ora esporvi la mia personale ipotesi sulle motivazione per cui qualcuno abbia impiegato il proprio tempo nell’incidere dei massi a questa quota.

Il masso coppellato “Giuliano” e quelli dell’Om della Terzolasa si trovano entrambi su di un promontorio ampio e pianeggiante, riparato e con presenza di acqua. Osservandoli attentamente abbiamo notato in entrambi la presenza di pietre che compongono un perimetro. Considerando che ambedue i luoghi includono le condizioni primarie per erigere un ricovero per attività pastorali o agrarie, la disposizione favorevole, il pascolo e l’acqua, possiamo dire che ci troviamo di fronte a dei ripari o ricoveri d’alta quota, verosimilmente abbandonati in tempi remoti perché venuti meno i presupposti che ne hanno determinato la realizzazione. Il masso coppellato “Franca” include i medesimi particolari sopra elencati ad eccezione del promontorio pianeggiante e della presenza di strutture abitative.Oggigiorno solo gli innumerevoli sentieri, muri a secco, ripari e ricoveri d’alta quota rimangono quali muti testimoni di un antico trascorso, che affonda le radici in una spiritualità indispensabile per poter sopravvivere in quella natura difficile, temuta e rispettata allo stesso tempo, in cui il “montanaro” che abitava la valle, ha dato vita al culto della vegetazione nonché, studiando il ripetersi delle stagioni e il ciclo annuale della natura, ha creato un’infinità di miti e superstizioni, credenze, modi di essere e specialmente di pensare, trovando nel “segno” un legame fra natura e divino. Il “segno” diviene magia, la magia diviene credenza, la credenza spinse l’individuo a cercare di comunicare con il divino, per invocarlo o per placarlo e per esorcizzare ogni evento insolito mise insieme rituali e molteplici simboli, ricavando da ogni pietra affiorante nel pascolo altari a cielo aperto. Fin dalla preistoria, in un ambiente fortemente naturalista, la pietra diventa il supporto ideale per esaltare la grande Dea, che garantisce il rinnovamento dei pascoli e dei campi, incidendovi il pensiero di un modo di concepire il soprannaturale. Il ripetersi ossessivo del “segno” sulla pietra può sottintendere un modo d’agire, motivato e distintivo, da tradursi in un messaggio, tra magia e fede, destinato a tutti per vivere il quotidiano. Il rituale connesso al culto della pietra, in cui si rinnovava il ciclo della natura fecondata dalla pioggia, può essere all’origine della gran quantità di coppelle disseminate in tutte le regioni alpine. Il contenitore, inciso nella pietra che per sua natura, stabile e duratura, assicurava l’immutabilità degli eventi, diviene l’utero della Madre Terra colmo di pioggia, promettendo abbondanza e rinascita per la gente di montagna.