INCISIONI PASTORALI IN VAL DI RABBI E ALTRO........ -
6 dicembre 2015
di Franca Emanuelli e Luca Webber |
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Ciro Pedergnana
ci racconta che “a Sorasas
negli anni della guerra c’era un rifugiato tedesco, i paesani gli
portavano da mangiare fino a
quando un giorno è sparito.
Negli anni ’60 Stefano Ruatti di
Pracorno, andando a caccia sul
sentiero che dal lago conduce al
passo di Salec ha trovato uno
scheletro umano. Sono arrivati i
Carabinieri che lo hanno portato
al cimitero di San Bernardo con
la scritta “resti umani
sconosciuti”. Più tardi è
arrivata a Rabbi la moglie che
lo ha riconosciuto da un dente
d’oro nella protesi.” Ci
racconta che il periodo della
guerra è stato difficile, si
ricorda di un certo “Stanchina
Casimiro detto “Miro” di
Terzolas, che ha ucciso
un’ufficiale Tedesco per
rubargli i soldi al Lago Corvo
(gli aveva promesso di portarlo
in Svizzera). E’ stato
condannato a 30 di galera”.
E di quando il 3 maggio 1945
“molte persone si trovavano
nella chiesa di San Bernardo per
celebrare la festa della Santa
Croce (Calendimaggio,) quando i
partigiani di Rabbi hanno
fermato un gruppo di soldati
tedeschi che stava salendo da
Malè per valicare Passo Rabbi,
pretendendo che gli
consegnassero le armi. I soldati
tedeschi, anche se in ritirata
perché la guerra era finita,
hanno reagito alle provocazioni
dei partigiani e minacciato di
far saltare la chiesa con dentro
tutte le persone. Solo grazie
all’intervento di Attilio
Lorenzoni, di Malè, che parlava
bene il tedesco, si è evitata
una strage. I tedeschi fecero
esplodere le bombe nel fiume
Rabbies e poi proseguirono il
viaggio”. Continuiamo a
cercare notizie ed Egidio Zanon
ci racconta che dal 1941 al
1949, con il padre Cirillo,
saliva con il bestiame da Valorz
alla malga Casera e a Sorasas.
Di quel periodo ricorda che
molti soldati altoatesini si
erano rifugiati in Val di Rabbi,
fuggivano varcando Passo Rabbi
dalla Val d’Ultimo, salivano a
Sorasas e superando la Basetta
di Ortisè (passo Valletta)
entravano in Val di Sole.
Rammenta che “nella primavera
del 1944, con tutta la famiglia,
stavamo salendo per fermarci con
il bestiame alla Malga Casera,
come facevamo sempre, per poi
proseguire fino a Sorasas.
Arrivati alla malga l’abbiamo
trovata occupata da tre
partigiani comandati da un uomo
di Bolzano soprannominato “el
Barba” (non ricorda il nome
esatto). Mio padre Cirillo si
era molto arrabbiato perché,
sapendo che i tedeschi salivano
tutti i giorni a cavallo da Malè
fino a San Bernardo per
perlustrare il territorio alla
ricerca di notizie riguardo i
partigiani, era molto pericoloso
per tutti noi fermarsi alla
malga, perciò decise di salire
subito al Bait de Sorasas. Nei
mesi successivi i tre partigiani
non ci diedero nessun problema,
il Comandante veniva tutti i
giorni a trovarci al Bait per
bere del latte e a chiacchierare
con mio padre. I cittadini di
Rabbi li aiutavano, portando
rifornimenti al punto d’incontro
stabilito con i partigiani, nei
pressi delle cascate di Valorz,
lungo una passerella in legno,
ora scomparsa, all’altezza
dell’odierna galleria, costruita
dal padre Cirillo nel 1955.
Nell’estate del 1944, circa
luglio, dopo i soliti segnali
fatti da San Bernardo con delle
lampade, nessuno dei partigiani
si presentò al punto d’incontro
presso le cascate di Valorz. I
rabbiesi, preoccupati nel non
vederli, salirono alla Malga
Casera e una volta arrivati non
trovarono nessuno. Fino a
quando arrivarono i due
partigiani trentini e alle
domande sul perché non fossero
scesi a prendere i rifornimenti
i due risposero che era sceso il
Comandante. Da quella sera del
Comandante “el Barba” non si
ebbero più notizie, i due
partigiani trentini li vedemmo
andarsene la mattina seguente
senza più tornare e senza dare
spiegazioni”. Egidio
continua raccontandoci che
“nell’autunno del 1945, Ruatti
Stefano, cacciatore di Pracorno,
andando a caccia lungo il
sentiero che da Sorasas porta a
Salec, trovò uno scheletro di un
uomo che indossava una divisa.
Avvertite le Autorità si è
recuperato il corpo, e
sospettando che si trattasse del
“barba”, si rintracciava la
moglie che lo riconosceva come
suo marito”. |
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Stuzzicati
dalle vicende raccontateci ci
siamo attivati per ricercare
maggiori notizie, scovando,
grazie al Comune di Rabbi,
conferma del racconto sul “barba”.
L’atto di morte trovato, recita:
“il giorno imprecisato del
mese di giugno, dell’anno
millenovecentoquarantaquattro in
località “Crozete di Salec” è
morto Muffato Bruno, residente a
Bolzano (…) coniugato con (…)”
trascritto nei registri
degli atti di morte del Comune
di Rabbi in data 10 agosto 1959.
Nessun cenno alla storia
raccontataci sui partigiani, ma
gli indizi corrispondono:
coincidono le date, la località
di ritrovamento del corpo, la
residenza e il tempo trascorso
per il riconoscimento.
La storia
di “Casimiro” è stata
scritta il 13 aprile 1949 dal
giornale Alto Adige, dove
si racconta: "La Corte d'Assise
condanna a trenta anni di
reclusione Casimiro Stanchina,
da Terzolas di Malè, imputato
dell'omicidio di un ufficiale
tedesco del quale non si è mai
trovata la salma. Nei primi mesi
del 1946 in Val di Rabbi si era
diffusa la voce per la quale
dopo la liberazione sarebbe
stato soppresso un ufficiale
tedesco che si era rifugiato in
zona, il tenente Eduard Schubert.
I sospetti caddero su alcuni
individui a alla fine i
Carabinieri avevano concentrato
la loro attenzione sullo
Stanchina e su "certo Albertini".
Il cadavere non fu mai trovato,
ma la circostanza che il delitto
sarebbe avvenuto sulle rive del
lago Trenta, faceva ritenere che
fosse stato inabissato in quelle
acque. L'Albertini muore nel
carcere di Rovereto, in giudizio
appare solo lo Stanchina che
continua a proclamarsi
innocente. Lungo ed
appassionante processo
indiziario, nel quale tra
l'altro un difensore dello
Stanchina rivela che il suo
cliente, partigiano, sarebbe
potuto tornare a casa se non si
fosse intestardito a proclamare
la sua innocenza. Ammettendo il
delitto, che sarebbe avvenuto
prima del 31 luglio 1945, egli
sarebbe stato amnistiato. Ma
alla fine in un'aula piena di
abitanti della Val di Rabbi, la
Corte si pronuncia per la
condanna."
(1) Altro
indizio ce lo fornisce Lorenzo
Gardumi
(2) nella sua
tesi di Dottorato “Violenza e
giustizia in Trentino tra guerra
e dopoguerra (1943 – 1948), dove
scrive “l’episodio più
eclatante di «criminalità
partigiana» si ebbe in val
d’Ultimo, territorio compreso
nella provincia di Bolzano, ma
confinante con quella di Trento.
Il 18 luglio 1945 fu assassinato
l’ex ufficiale della Wehrmacht
Edoardo Schubert. In seguito
alle indagini, i carabinieri
riuscirono ad identificare
l’autore dell’omicidio (…).
Casimiro aveva seguito gli
spostamenti dell’ex ufficiale
tedesco. Una volta rintracciato,
lo aveva ucciso derubandolo
degli oggetti di valore – un
orologio e un anello d’oro – che
indossava. La Corte d’Assise di
Trento, nell’aprile 1949, lo
condannò a complessivi 38 anni
di reclusione nonostante la
concessione di «circostanze»
attenuanti.
(3)
Ora, se le
pietre potessero parlare, ci
racconterebbero loro stesse la
storia delle persone che le
incisero, le loro motivazioni e
le difficoltà di quell’epoca.
Per nostra fortuna questa volta
si tratta di incisioni
relativamente recenti e così
abbiamo potuto mostrare le
fotografie a chi ha “vissuto”
quegli anni. Egidio ci ha
spiegato che dal 1941 al 1947 ha
lavorato alla malga di Sorasas
assieme al padre Cirillo e al
fratello Giuseppe e di non
ricordarle. Osservandole
attentamente afferma deciso che
le iniziali G.Z. hanno “lo
stile di mio fratello Giuseppe”
e coincidono le date in cui sono
stati alla malga. Per le altre
incisioni in lingua tedesca le
attribuisce ai molti pastori
altoatesini che vi hanno
lavorato dal 1948 al 1952,
quando la malga di Campo Secco e
Sorasas sono state date in
affitto a un certo Fril di
Prissiano del Comune di Tesimo
(BZ). Flavio Girardi ci racconta
che nel 1961, con suo padre e lo
zio Vittorino, si è fermato alla
Malga Sorasas con il bestiame
per circa 110 giorni. Ha notato
le scritte incise nella pietra
ma senza dargli importanza,
pensando fossero opera dei
pastori.
L’opinione generale degli
intervistati è che siano opera
dei pastori che hanno
frequentato quei luoghi e
difficilmente si potrà risalire
agli “artisti” che hanno voluto
lasciare una traccia del loro
passaggio. |
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Vogliamo concludere riportando il
racconto scritto da Gino
Mengon riguardante la vicenda
dell’ufficiale tedesco:
Una cosa brutta
“Alla fine dell’ultima guerra è successa
una cosa non proprio bella e se è vera
quasi da vergognarsi e anche molto!
Io l’ho appresa nel settanta da don
Rinaldo che era parroco a San Bernardo e
siccome avevo una cinquecento mi ha
chiesto se un giorno l’avrei portato
alla Caldesa Bassa con una signora
tedesca che gli aveva telefonato perché
voleva venire a vedere dove i partigiani
avevano ucciso suo marito che era un
tesoriere dell’esercito tedesco.
Proprio quell’estate avevano fatto la
strada per poter ricostruire la malga
“Terzolasa” che era bruciata l’autunno
prima, l’avevano rotta con una ruspa, ma
non interessava che fosse bella, era una
strada per i trattori. Non sono stato
capace di arrivare alla malga, mi sono
fermato al “Valenar”, il prete è andato
con questa signora un centinaio di metri
più avanti, su un dosso dove si poteva
vedere quasi al rifugio, dove poi
sarebbe stato ucciso il suo marito da
partigiani italiani.
Stando a quello che raccontava la gente,
quest’uomo, che non si sa di preciso da
dove venisse, era il tempo del “rebalton”,
il periodo che in Val di Rabbi c’erano
quelli dalla Val d’Ultimo nascosti e
anche due graduati polacchi, anche ben
nascosti in una casa, quest’uomo si è
fidato di quattro lazzaroni conosciuti
in una bettola e ai quali aveva chiesto
se potevano accompagnarlo al passo Rabbi
per poter rientrare nei suoi paesi.
Forse questi quattro, anche se non era
proprio gente né onesta né di parola,
non avrebbero avuto brutte intenzioni
fino a quando, arrivati sotto il passo,
lui volendo sdebitarsi del favore che
gli avevano fatto, ha tirato fuori dallo
zaino una borsa con dentro tanti soldi.
Questa è stata l’ultima cosa che avrebbe
fatto! Quando sono rientrati, sempre in
quel locale, si sono divisi i soldi con
una bilancia, senza dover starli a
contare.” |
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1
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http://www.bolzano-scomparsa.it/1949.html
2 -
Dottorato di ricerca in studi storici – Dipartimento di Scienze
umane e sociali – Università degli studi di Trento – Lorenzo
Gardumi “Violenza e giustizia in Trentino tra guerra e
dopoguerra (1943-1948) – ciclo 2006-2009.
3 -
Per quanto riflette la pena da infliggersi al giudicabile per
l’omicidio, la Corte, tenuto conto che il ricorso da parte
dell’imputato all’estremo atto di violenza che portò alla
soppressione dello Schubert deve in parte, sia pure non
rilevante, ascriversi alla perversione morale determinata dalla
guerra nel cui clima alla vita umana non era attribuito quel
supremo valore ch’essa ha secondo i principi della etica ed in
relazione all’istinto naturale di conservazione insito in ogni
individuo, ritiene di poter concedere all’imputato le attenuanti
generiche. (2) |
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