La nostra prima scoperta in Val di
Rabbi, risale ormai a parecchi anni fa,
quando ancora l’associazione Val di Sole
Antica non esisteva. Da poco tempo
Renato Possamai, che poi diventerà parte
attiva dell’Associazione, ci aveva
parlato delle “coppelle”, a noi allora
sconosciute, spiegandoci che in
archeologia, come coppelle vengono
definite quelle concavità più o meno
numerose e di diametro vario, ricavate
dalla scalpellatura e/o dallo
sfregamento di una superficie rocciosa
solitamente piatta che l’uomo ebbe a
praticare con strumenti di pietra o di
metallo in gran parte del mondo.
Innumerevoli congetture sono state
formulate ma nessuno attualmente è in
grado di capirne il vero uso. L’ipotesi
più accettata dagli studiosi di tutto il
mondo è che si tratti di Culti legati
alla natura, in particolare “culto
dell’acqua” della “pietra” o
del “sole/luna”
(fertilità/nascita - solstizi/equinozi –
agricoltura). Ci affascinò a tal punto
che cominciammo a trovarle, o forse
sarebbe meglio dire a notarle, durante
il nostro girovagare per i monti,
castelli e chiese. Un giorno d’estate
del 2008, durante la nostra escursione
annuale al rifugio Stella Alpina al Lago
Corvo, camminando al di fuori dei
sentieri ad un altitudine di circa 2500
metri, ci siamo sentiti attirati verso
un sasso, e lì abbiamo rinvenuto il
nostro primo masso coppellato in Val di
Rabbi, con incise tre coppelle ben
definite e di diverse dimensioni.
Nella primavera del 2010 per un insieme
di fortunati eventi nasce l’Associazione
Val di Sole Antica, con lo scopo di far
conoscere soprattutto la storia della
nostra valle. Documentiamo e
pubblichiamo per tutelare i siti e
perché rintracciare le proprie origini
non è solo una curiosità, ma è
rintracciare la propria identità e
ricongiungersi ala propria storia.
Nel corso
di una delle prime escursioni
dell’Associazione in Val di Rabbi,
località Valorz, alla ricerca del Sas de
la Pesta, descritto da Fiorenzo
Degasperi e Mauro Neri (1) e
ancora vivo nel ricordo della
popolazione, ma purtroppo quasi
sicuramente distrutto durante dei lavori
di sistemazione della strada, facendoci
strada fra felci alte quasi quanto noi,
ci imbattiamo in un enorme masso che,
per la forma e la traccia levigata
lasciata sulla roccia da innumerevoli
scivolate, fa supporre possa essere
stato usato in antichità come scivolo di
fertilità.
Convinzione confermata dal racconto di
Maurizio Zanon “del tempo in cui da
ragazzi usavano scivolare sopra il masso
sedendosi su dei rami di rododendri”.
Questa informazione ci dimostra, come
avvenuto in altri luoghi, in che modo si
sia scordata la funzione apotropaica del
masso e si sia tramutata e variata in
gioco.
Estate 2010: una leggenda che si
tramanda tra i paesani ci porta a Ceresè,
dove troviamo nel bosco sovrastante
l’abitato un masso di notevoli
dimensioni che presenta sulla superficie
superiore delle coppelle naturali.
Lateralmente un incavo molto grande,
dove, secondo la leggenda, veniva
poggiata la testa dei bambini ammalati,
augurando loro una pronta guarigione.
Autunno 2012: due nostri associati,
Claudio Schwarz e Sonia Valentini, nel
corso di una passeggiata mattutina
scoprono nei paraggi del parcheggio di
Cavallar per il lago Corvo una pietra
con incise quattro coppelle. Quasi
sicuramente la pietra non è nella
posizione originaria, rendendo così
difficile capirne lo scopo.
Primavera 2013: un masso con una
meravigliosa esposizione a valle e
situato nei pressi di una sorgiva oramai
prosciugata, con una non comune
profondità e grandezza delle coppelle
molto ben conservate, ci viene mostrato
da Antonio Mengon che, venuto a
conoscenza del nostro interesse per
questo argomento, ci accompagna nel
luogo in cui da ragazzo portava al
pascolo gli animali e dove trascorreva
il tempo sul sasso giocando con le
biglie, ignorando di avere a che fare
con qualcosa di antico e sacro. Questo
masso, con incise 15 coppelle, di forma
circolare irregolare, ben definite e di
diverse grandezze, è secondo la nostra
opinione, uno dei più belli e
interessanti del nostro territorio, un
ritrovamento che indica quanto era
diffusa l’usanza di incidere le pietre.
Purtroppo un masso coppellato, da noi
mai visto, è “sparito” in località
Cavallar, rimangono solamente delle
foto.
Il nostro interesse però non è rivolto
solamente verso le incisioni più
evidenti e facili, ma sono le incisioni
più marginali che ci possono raccontare
una storia valliva più fedele al
passato.
Domizio Zanon, ci ha segnalato un masso,
posizionato nel giardino di casa
paterna, riportante l’anno 1571 inciso
nella pietra. Si tratta di una pietra
utilizzata come travetto di sostegno di
una porta per una abitazione / rustico
in località Nigolaia e riporta l’anno
1571. Da vecchi racconti tramandati
dalle generazioni passate è emerso che
l'immobile di Nigolaia era punto di
osservazione di caccia, in contatto
visivo con l'abitazione posta in
località Valorz "al Doss" dove
soggiornavano i signori di Caldes.
A seguito della caduta di una valanga
nella predetta località presumibilmente
negli anni 1744 e 1746 (2) che ha
portato alla distruzione del manufatto,
è stata portata a valle con altri
detriti fino all'attuale strada
provinciale principale della Valle di
Rabbi. Successivamente è stata
utilizzata come pietra di sostegno del
muro dei prati o campi soprastanti. In
occasione della realizzazione
dell'attuale parcheggio comunale a
fianco del Cimitero di San Bernardo è
stata rimossa e stava per essere
sotterrata con altro materiale di
discarica. In quell'occasione Giulio
Zanon (ex custode forestale)
appassionato di oggetti antichi e di usi
e costumi del passato, vedendo che la
pietra riportava scolpito il numero
dell’anno 1571 ha chiesto la possibilità
di ottenere la pietra ricevendo risposta
favorevole pur con qualche perplessità
("ma le sol en sas!"); successivamente
la collocò all’esterno della propria
abitazione ove è visibile tutt’ora.
Rileviamo una croce isolata incisa su di
un grande sasso spezzato in due, in loc.
Pralongo, sulla destra orografica del
fiume Rabbies.
Percorrendo la strada che dal Plan porta
al Fontanin troviamo un’altra croce
filiforme incisa su di un sasso facente
parte di un muretto a secco, su cui
troviamo “segni di filatoio” che
possono indicare l’antica usanza
apotropaica di ingraziarsi gli dei nei
lavori di campagna, affilando gli
attrezzi sulla pietra.
Per entrambi i massi non riscontriamo
indicazioni riguardanti confini, per
questa ragione possiamo considerare le
incisioni un’azione di cristianizzazione
di luoghi pagani, croci utilizzate per
allontanare ciò che non si conosceva e
faceva paura. Il culto delle pietre,
degli alberi e delle acque, che per le
loro caratteristiche divenivano altari
all’aperto dove si adoravano gli idoli
con riti e danze rituali, sono stati
trasformati, dove possibile, in luoghi
di culto cristiani e dove non poteva
accadere la Chiesa li etichettava
semplicemente come luoghi di
superstizione, rimuovendone la memoria.
In località Acque la chiesa di S.Anna di
forma rettangolare con un’abside
semicircolare verso il bosco, era in
origine di forma ottagonale (3).
Un particolare che può raccontarci un
altro tassello di storia della valle.
Molti templi religiosi hanno usato
l’architettura quale forma di linguaggio
e comunicazione. La forma ottagonale
utilizzata anche per i battisteri a
sottolineare l’unione di Dio, è un
simbolo di resurrezione, mediazione tra
la terra e il cielo, l’unione di Dio con
l’uomo. Il numero otto è fra i simboli
più antichi ed utilizzati dall’uomo e da
numerose culture tra cui quella
Cristiana “..era giusto che l’aula
del Sacro Battistero avesse otto lati,
perché ai popoli venne concessa la vera
salvezza quando, all’alba dell’ottavo
giorno, Cristo risorse dalla morte…”
(Sant’Ambrogio, IV sec. d.C.).
La chiesa sorge nelle vicine delle acque
termali. Acque che da sempre hanno
suscitato stupore e interesse
nell’antichità, numerosi esempi di culti
dell’acqua confermano la sacralità del
luogo, dove emerge il ruolo attivo che
avevano le donne nei rituali. Le vecchie
religioni concentravano l’attenzione su
figure femminili e da qui il passo è
breve a travisare e collegare
direttamente o indirettamente il
fenomeno alla “stregoneria”, sradicando
quelle credenze con leggende,
superstizioni e racconti di cui la valle
abbonda, innescando nelle persone il
timore della natura selvaggia e
incontrollabile.
Gli stessi massi coppellati spesso sono
accompagnati da leggende stregonesche.
Singole coppelle incise sulle soglie o
nelle immediate vicinanze di entrate
d’abitazioni le troviamo a Ceresè,
Pracorno e Mattarei, segni che
solitamente venivano incisi per tenere
lontane le streghe.
Le “Mille
leggende del Trentino” (1), identificano
streghe in località Valorz e personaggi
tenebrosi alle Marinolde. Secondo la
leggenda, il Castello del
Buonconsiglio prima si chiamava
Malconsiglio a causa delle streghe che
infestavano la Torre d'Augusto e che
furono cacciate dopo il
Concilio di Trento (1545-1563).
Si sarebbero rifugiate, poi, in Val di
Sole presso S.Bernardo di Rabbi dove
vivrebbero tuttora.
In località Tassè, Roberto Dallavalle,
ci ha condotto ai “Busi delle Strie”.
Si racconta che le streghe andassero a
sbattere la testa contro la roccia
producendo un gran baccano e urla
orripilanti.
Nella memoria degli anziani di Somrabbi
è ancora vivo il ricordo del “Sass del
Gat”, sfortunatamente andato distrutto
nel corso di lavori e molti altri
racconti simili si tramandano nelle
tradizioni popolari.
Le ricerche naturalmente continuano, la
valle è grande, gli studi, gli
approfondimenti e le uscite sul
territorio occupano parecchio tempo.
Teniamo a sottolineare l’enorme
importanza che riveste la gente del
luogo con la propria collaborazione, col
tramandare conoscenze così come leggende
che altrimenti andrebbero perdute per
sempre.
Per
approfondire il tema riguardante le
coppelle e le altre scoperte effettuate
in valle, vi invitiamo a leggere i
nostri articoli pubblicati sul sito:
www.valdisoleantica.net.
E se volete partecipare ai nostri
incontri, escursioni e gite ci potete
trovare presso la biblioteca di Dimaro
alle ore 21.00, le date sono sul sito.
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