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Oggi parliamo del "Sass
del Bech" (Sasso del Caprone) situato sopra
l'abitato di Celentino di Peio a mt. 1,367. Si tratta di
un grande masso 9 x 6 mt. alto 4 mt. circa, collocato
sul versante solatio in un'area picnic. Sulla superficie
sommitale del masso vi sono 29 coppelle di varie
dimensioni, apparentemente poste senza significato. Sul
lato inclinato ad Ovest, la roccia si presenta molto
liscia, probabilmente a causa di “sfregamenti rituali”.
In un'area prativa poco
distante Francesca Iachelini, esaminando un grande masso
erratico alto circa 4 mt., scopre sulla sua sommità, una
singola coppella diametro 6 cm. e profonda 2 cm. circa,
incisa con percussore litico.
Descritti i sassi
coppellati, possiamo dedicarci all'interessante toponimo
“Sass del Bech”.
Le coppelle incise sulla
roccia ne indicano l'identità sacra e l'appellativo “Bech”,
toponimo usato nel tentativo di sopprimere il culto
praticato, è chiaramente riconoscibile in quello del “caprone”,
che ne esalta la capacità fecondante, e del “diavolo”,
figura cristiana maligna e lussureggiante dotata di
corna o palchi. Da qui il passo è breve ed eccolo
associato al malefico culto delle “streghe”.
Oggi sappiamo che i
nostri antenati credevano che danzando intorno ad una
pietra, sfregandola, scivolarci o sedendoci sopra, si
risolvevano non solo questioni di fecondità ma anche per
riottenere forza fisica, salute e facilitare vicende
amorose. Culti tramandati da millenni ed entrati a far
parte della memoria collettiva e, nonostante il
tentativo della nuova religione di stendere un velo su
credenze e tradizioni antiche piazzando immagini
cristiane sui luoghi sacri, non riuscirono mai
completamente a screditarle. Protetti dalla foresta, l'
ancestrale dimensione fertilizzante della montagna o
della roccia sopravvisse nella ritualità segreta
popolare e, visto che molte di queste rocce non
riuscirono ad essere cristianizzate, divennero “sedie
del diavolo”.
Capita l’importanza del
“Sass del Bech” lasciamo spazio alla fantasia
immaginando l’antico rituale …..
“… uno sciamano, munito
di corna, danzando, conduce il rituale, imita una
divinità della fertilità … uomini e donne ballano,
spiccano salti attorno alla roccia … sfregandosi e
arrampicandosi sulla pietra … sedendosi a cavalcioni …
celebrando il culto alla fertilità …”
Bibliografia:
Michela Zucca
“Matriarcato e montagna 3” atti del convegno – dicembre
1999 – Trento 2000.
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