La nuova guida, Gyalge Sherpa,
era desideroso di mostrarmi le
attrattive locali e dopo poche
ore di cammino, lasciavamo gli
zaini vicino ad un piccolo
tempio, per scendere alla
confluenza dei fiumi Kimti e
Kwang Khola (Khola significa
torrente).
Qui mi mostrava orgoglioso le
“impronte di Yeti”, segnalate da
offerte di fiori che anche le
due guide si affrettavano a
rinfrescare. Le grandi coppe nel
masso sembravano tipiche
erosioni fluviali, anche se non
posso escludere un’azione
antropica, considerando la
sacralità della localizzazione
alla confluenza di fiumi.
Il trek
proseguiva, portandoci
faticosamente in quota, ma
ampiamente ripagati, il giorno
successivo, dalla visita ai
laghi sacri di Panch Pokari
(4.500 m slm), dominati dal
Numbur
(6.959 m)
e
davvero pieni di fascino e
sacralità. Analogamente a molti
altri siti Hindu, Panch Pokari è
dedicato a Shiva e ogni anno, in
corrispondenza della luna piena
di giugno/luglio, è metà di un
grande pellegrinaggio.
Durante il giorno “scoprivo” che
quella sera avremmo pernottato
in grotta, sperimentando
un’altra volta la paura di
Nahrayan per i grandi carnivori,
specialmente per leopardo e orso
nero himalayano di cui troveremo
tracce nei giorni successivi.
Il giorno dopo abbandonavamo il
percorso principale, troppo
lungo per la nostra logistica;
Gyalge mi assicurava che il
sentiero sarebbe stato “flat
or little up and down”,
rappresentazione nepalese di 12
ore di cammino, passando per una
cresta oltre i 4800 m.
Il sentiero era, se possibile,
ancor meno turistico, ma
frequenti evidenze lungo il
percorso confermavano il
passaggio della principale via
di pellegrinaggio per Panch
Pokari.
Per pranzo ci fermavamo a Bhale
Pokari, piccolo lago nascosto a
4.600 m. Pur indaffarato in
cucina, Gyalge mi raccontava,
molto coinvolto, un’antica
storia riguardante quel luogo;
l’ascoltavo senza grande
interesse e solo dopo insistenza
di Nahran, superavo la
stanchezza per tornare indietro
qualche centinaio di metri. Mi
portavano ad un grande
affioramento di micascisto,
sporgente dal terreno per almeno
2 m. Salendoci sopra, rimanevo
esterefatto: tutta la
superficie, leggermente
inclinata, era completamente
incisa di coppelle. Nella parte
centrale, una lunga vena bianca
di quarzo attraversava la roccia
serpeggiando; dove la vena si
confondeva con la roccia,
spiccavano alcune grandi
coppelle, di diametro superiore
ai 20 cm, collegate da canali ed
accompagnate da un altarino in
pietre verticali. Solo in quel
momento capivo finalmente la
leggenda…
Un serpente terrorizzava
la valle, uccidendo pastori e
pellegrini che passavano di lì.
Un importante Lama decideva
quindi di intervenire e in
un’epica lotta uccideva il
serpente, tagliandogli la testa
in corrispondenza delle grandi
coppelle.
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