Forse la pietra incisa
più famosa al mondo resta la stele di Rosetta, senza la
quale i geroglifici sarebbero ancora figure stilizzate
senza lettura. Esistono però una moltitudine di massi
che, se sapientemente letti, ci narrano non tanto fiabe
o romanzi, ma tramandano conoscenza, piuttosto di
rituali o vari utilizzi delle incisioni.
Basti pensare al masso
affiorante sul Plan di Sorcières in Val d'Aosta, dove
una conformazione di coppelle è ritenuta la mappa
stellare più antica mai disegnata e raffigurante le
Pleiadi. Masso Calestani a Fucine e il masso vicino
l'abitato di Menas, entrambi in Val di Sole, le cui
incisioni emisferiche raffigurano nell'ordine Cassiopea
e l'Orsa Maggiore a testimonianza che fin dai tempi più
antichi si osservavano le stelle, si conosceva la loro
posizione e si attribuivano ad esse determinate
influenze.
In Alto Adige troviamo un
masso inciso caratterizzato da profonde coppelle che,
dopo prove ed approfonditi studi, risulta essere un vero
e proprio calendario indicante solstizi ed equinozi,
utilizzato in agricoltura per gestire le varie semine,
basta solo inserire dei bastoni nei solchi e leggere
letteralmente il gioco di ombre.
Sparsi su tutto il globo
troviamo massi con incisioni cruciformi ed emisferiche
che, seguendo le teorie più accreditate, risultano
essere votivi, oppure delle vere e proprie lapidi in
pietra, con scritte in lingua latina oppure volgare, che
testimoniano eventi catastrofici o drammatici.
Infine ci possiamo
imbattere in mini racconti schematici che narrano di
pastori, magari solo con iniziali e data di nascita di
chi portava il bestiame al pascolo, di soldati che
trovavano rifugio o erano di vedetta in zone
strategiche.
Questo non toglie che
determinate pietre non possano presentare uno, due o
tutti gli esempi riportati finora anche con lavorazioni
in epoche diverse, ad avvalorare l'importanza e rendere
ancora più affascinante, oltre che complesso, lo studio
del sito.
Tutto questo preambolo
per descrivere cosa, grazie alla segnalazione di
Fabio Angeli, Direttore del Distretto Forestale di Malè,
abbiamo scoperto
e successivamente minuziosamente catalogato sopra Masi
da Mont, a monte dell'abitato di Deggiano.
Lasciandoci le abitazioni
alla spalle, salendo sulla strada sterrata in direzione
Malga Plazze, dopo circa 30-40 minuti troviamo un
imponente masso a strapiombo sulla vallata sottostante
(foto 1e 1b). L'iter ora si ripete, volta per volta,
quasi analogo. Si ripulisce da tutto quello che il tempo
inesorabile deposita come aghi e foglie, oppure cresce
come muschio e piantine di sottobosco, sempre con un
occhio attento alla tutela di eventuali incisioni e a
non essere troppo invasivi sulla natura circostante,
ecco allora che si opera direttamente a mani nude o con
scopette di saggina, spugne ed acqua. Segue poi la
lettura della pietra nuda alla ricerca di segni fatti
dalla mano dell'uomo e, se presenti, vanno contornati
con del comune gesso da lavagna, così al primo temporale
tutto torna come prima. Infine viene tutto fotografato e
rilevato mediante gps e talvolta riprodotto con la
tecnica del ricalco su fogli di acetato neutro.
Al termine di questo
minuzioso lavoro abbiamo una tavolozza che rappresenta
un vero e proprio mix di incisioni. Sulla sommità
troviamo, molto rovinate a causa degli agenti
atmosferici e del tempo, delle coppelle (foto 2); su
quello che possiamo definire il piede, perché molto
vicino alla strada, dei simboli cruciformi (foto 3 e 3b)
di cui una singolare, ovvero due croci ravvicinate
connesse tra loro (foto 4), simbolo solitamente legato a
militari tedeschi. Nella parte più riparata, invece,
abbiamo un misto di segni molto ben conservati (foto 5 e
5b), con date, iniziali, croci e simboli isolati di
difficile lettura. Ora, per fortuna, vengono in aiuto le
poche testimonianze che abbiamo raccolto, ovvero
scopriamo che la pietra è battezzata ”Sas del Picion
Plat” ed era usanza dei giovani pastori inciderla nelle
ore occupate a pascolare il bestiame.
Nella parte più esterna
delle incisioni resta comunque un simbolo misterioso
(foto 6), che grazie ad una interpretazione a freddo,
ricorda un carro ad asse singolo (broz) utilizzato per
trasportare il legname a valle mediante il traino di
buoi. Il disegno comunque risulta ancora unico nel suo
genere e sconosciuto.
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