LAGO DI CELENTINO - COMUNE DI PEIO (TN) - 12 maggio 2015

di Franca Emanuelli e Luca Webber

Questa volta la compagnia sale al lago Celentino, comune di Peio (TN).

L’autunno scorso Fabio Angeli, Direttore del Distretto Forestale di Malè, ci segnalava  delle incisioni rupestri al lago Celentino, inviandoci fotografie di coppelle, lettere incise, muri a secco e del “pulpito”. Esaminandole con gli associati ci hanno subito incuriosito è si è deciso di inserire in calendario l’uscita per la primavera del 2015.

Il 12 maggio 2015 siamo saliti sul lago a 2.062 mt. circa,  rimanendo incantati dalla veduta che ci si presenta, un altopiano che regala una visuale a 180°. Una volta rifocillati e ripigliati dalla fatica della salita, ci siamo lanciati alla ricerca dei massi indicati, trovandoli facilmente grazie agli operai del Parco che stavano lavorando a sistemare la sentieristica.

Le incisioni ci parlano di un mondo perlopiù nascosto, fatto non solo di segni. Tracce che riempiono ogni nostra escursione di contenuti ed emozioni nuove e che ci stimolano a studiare a fondo il significato che gli autori ci hanno voluto lasciare in eredità, un libro aperto sulle credenze di chi viveva a stretto contatto con la natura,.

Considerando che i siti d’interesse sono più di uno, per facilitarne la lettura li suddivideremo per ordine di scoperta:

1 – collocate in posizione dominante troviamo due rocce, la prima affiorante dal terreno nella sola parte superiore, ci regala 3 coppelle di diverse misure, 1 coppella ovoidale e altre tre coppelle, queste ultime unite da canalette molto rovinate che formano un triskell celtico, forse riproducono un simbolo solare, e altri segni di difficile lettura. La seconda, anch’essa affiorante dal terreno, ci mostra 3 coppelle ovoidali e 8 coppelle di diverse misure, di cui 5 unite da un’unica canaletta, dando forma a un disegno non interpretabile. Entrambe le pietre dominano sul paesaggio circostante permettendo di osservare il percorso che compie il sole, da est ad ovest. Le incisioni, presumibilmente, sono state praticate con un percussore in pietra e la roccia appare particolarmente sfaldata sulla sua superficie, visto che è facilmente calpestabile da chiunque e soggetta ad elevati sbalzi termici.

2 – vicino ai massi coppellati, abbiamo trovato diversi muri a secco parzialmente ricoperti dalla vegetazione, sistemati in cerchio intorno a una collinetta. Difficile capirne l’utilizzo, forse trincee utilizzate in guerra o costruzioni più arcaiche di cui si è persa memoria?
3 – nei pressi del lago, su una roccia posta sull’argine, troviamo dei segni che possono mostrarne l’utilizzo da parte dell’uomo ma di difficile lettura. Forse un antico rito propiziatorio riguardante culti dell’acqua?

4 – su due rocce distinte troviamo incise rispettivamente una “G” ed una “DP”.

5 – sono evidenti diversi resti di muri a secco che tracciano i confini di un’antica e complessa costruzione.

Su una pietra, molto disgregata, piazzata sulla soglia d’entrata di un ambiente, troviamo incisa una croce, forse potenziata. Sfortunatamente, causa lo stato della pietra molto disfatta, non è possibile rilevare l’esatto disegno che l’autore ha voluto praticare, ma si può intuire l’intento di un antica tradizione apotropaica di protezione della casa e dei suoi abitanti, per allontanare influenze malvagie.

Proseguendo ci siamo recati al “pulpito”, 1.860 mt. circa .

Si tratta di un masso, affiorante quasi completamente dal terreno, sistemato su di un promontorio in posizione dominante recante varie incisioni che, considerando la regolarità e profondità delle stesse, pensiamo praticate con uno strumento metallico. Spiccano due croci latine, adoperate quale confine di Ossana, Celentino e Termenago e, a prima vista, due lettere “C”, una lettera “T” e una “paletta”.

Da un semplice domanda, “Vada per le croci e le lettere, ma cosa ci fa un a paletta su questa roccia?”, è iniziata la nostra ricerca su antiche credenze che ci ha permesso di azzardare un interessante visione d’insieme.

Le tante incisioni che troviamo su pietra, dimostrano che in epoche antiche l’uomo disegnava sulle rocce con intenti magico/religiosi e testimoniano il carattere sacro di quest’ultime.

L’incisione rupestre chiamata comunemente “paletta”, un rettangolo con pomolo inciso profondamente e ben marcato, viene interpretata dagli studiosi nei modi più disparati: pagaia, slitta, arma, rasoio, simbolo di rappresentanza, specchio, vanga, strumento cerimoniale per la raccolta delle ceneri nei riti di cremazione. (2). Di certo il simbolo, lasciato dai nostri antenati in diversi luoghi, è durato a lungo nel tempo, ed è stato associato maggiormente, dai ricercatori, a riti di fertilità e di morte.

Alle “croci di confine”, come già scritto, trattandosi di un segno dal significato scontato si è sempre data scarsa importanza, dimenticandosi che quel comune segno inciso sul sasso, formato dall’incrocio di due linee e da braccia all'incirca identiche (croce “greca”), ha origini ben più antiche. Le due croci “latine” incise sul nostro sasso, con l’asse verticale più lunga, profondamente marcate, possono indicare un’opera intensa di evangelizzazione delle pietre per facilitare il passaggio fra paganesimo e cristianesimo. La forma più elementare ed utilizzata per rappresentare l’uomo è la croce: il busto è l’asse verticale, le braccia aperte sono rappresentate dall’asse orizzontale, la testa è leggermente ingrossata (3).

L’arte rupestre sulla figura umana, maschile e femminile, è quasi sempre estremamente semplificata, schematica e addirittura  incompleta di braccia o testa tanto che per tutto il periodo preistorico la figura umana è una semplice silhouette quasi filiforme, il busto è costituito da un unico tratto verticale, la testa è un punto ingrossato, privo di caratteristiche somatiche (3), sviluppandosi in seguito in “oranti”, figure  umane raffigurate a gambe divaricate con le braccia in adorazione, presumibilmente riproducenti scene di culto. Più contemporanei che preistorici soni i cosiddetti “cefalopodi” nei quali le gambe si allacciano direttamente alla testa, privi completamente di busto. Pure curiose sono le figure umane a “compasso” o a “diapason” rovesciato (3), figure antropomorfiche a forma di ferro di cavallo e molte altre forme hanno continuato a susseguirsi.

L’incisione a “T”, anche se incisa in profondità, risulta essere la più difficile da interpretare.Osservandola ricorda un’arma, che per l’uomo antico aveva un grande valore simbolico di prestigio e potere, tanto da seguire il guerriero nell’altro mondo, infatti numerose armi sono state rinvenute in corredi tombali. Quindi un simbolo riguardante la sfera della morte e rinascita, connessa alla “paletta”  che veniva impiegata nei riti di cremazione per raccogliere le ceneri dal rogo e deporle nelle urne da seppellire(1).

Guardando attentamente la nostra roccia, notiamo che è ben esposta ai raggi del sole e le incisioni possono raccogliere la pioggia fecondatrice, segno di purificazione, passaggio e di nuova nascita. Un po’ come il “battesimo cristiano”: Le parole "battesimo", "battezzare" derivano dal greco (βάπτισμα, βαπτίζειν), dove la radice corrispondente indica "immergere nell'acqua"; in effetti il battesimo simboleggia il seppellimento dell'uomo "vecchio" nella morte di Cristo per la rinascita dell'uomo nuovo in Cristo.(3)

Si può quindi immaginare che il masso avesse un significato altamente spirituale, in relazione alla sfera della morte, difficile da comprendere ai giorni nostri, ma chiaro per gli autori.

Vita, morte, acqua e passaggio si intersecano inestricabilmente dietro l’apparenza di questi segni, semplici e rozzi, ma rivelatori di una profondità di pensiero filosofico sorprendente in quelli che definiamo con supponenza “primitivi”.(1)

 

 

(1)

(1)

 

 

 

 

(2)

(4)

 

 

 

 

(1)

 

(1) Naquane - Parco nazionale delle incisioni rupestri – guida,  a cura di Alberto Galbiati

(2) Graffiti sul Garda – Centro Studi per il Territorio Benacense, a cura di Fabio Gaggia

(3) It.wikipedia.org/wiki/battesimo

(4) La regione atesina nella preistoria - Volume primo, a cura di Willy Dondio